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Europee, quanto hanno speso i partiti per finanziare la campagna social

Partiti candidati (MIGUEL MEDINA/AFP/Getty Images)
Partiti candidati (MIGUEL MEDINA/AFP/Getty Images)

Le elezioni sono un affare digitale, è un fatto consolidato. I partiti si concentrano sempre di più sulle campagne social anziché andare 'porta a porta' a convincere gli elettori delle loro idee sull'Italia e sull'Europa.

La piazza non è scomparsa, s'intende: i partiti scendono ancora sulle strade a incontrare militanti e cittadini, tastando l'umore di chi è altrettanto volenteroso nel manifestare le proprie impressioni politiche. Tuttavia sui social, Facebook e Twitter in particolare, si gioca la partita degli indecisi e si bombardano gli utenti con campagne incessanti, sfruttando l'algoritmo in modo chirurgico.

Infatti è risaputo scientificamente che i social sono un mondo più chiuso che aperto, nel quale i like alimentano le convinzioni viscerali delle persone anziché portarle a nuovi lidi e idee.

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Secondo l'autorevole sito openpolis.it, durante la campagna elettorale per le elezioni europee 2019, sono stati spesi oltre 660.000 euro sui social media. Si tratta di una grossa cifra, e per molti è un campanello d'allarme: vista la grande vastità di notizie fasulle sul web, certe vacue promesse politiche possono fare breccia se la spesa per gli spot diventa molto grande.

Da marzo al giorno del voto sono stati spesi oltre 660mila euro: 568mila di questi su Facebook, il resto altrove (Google e Twitter).

I profili Facebook che hanno speso di più sono stati quelli del Partito Democratico (164mila euro), di Matteo Salvini (128mila) e di Silvio Berlusconi (93mila). Il partito di centrosinistra ha puntato sul brand, mentre gli schieramenti del centrodestra hanno invece incentrato le campagne sulle personalità dei due leader.

Raggruppando i dati dei singoli partiti si scopre che quello che ha speso di più è stato il Partito Democratico. Lo schieramento di centrosinistra ha speso in totale 197.893 euro. Seguono Lega (152mila euro), Forza Italia (142mila), Fratelli d'Italia (101mila), Movimento 5 Stelle (50mila), +Europa (15mila).

Nicola Zingaretti ha speso per la sua personale pagina Facebook poco meno di 1500 euro; notevole la differenza con Salvini, arrivato appunto a 128mila euro. Carlo Calenda, che non è segretario del PD, ha speso invece oltre 19mila euro.

La legge permette ai partiti di non dover includere la spesa per la propaganda online nella rendicontazione della campagna elettorale; non c'è nemmeno l'obbligo di comunicare il finanziatore dell'inserzione; non c'è l'obbligo del silenzio elettorale come in televisione.

Sul web, inoltre, c'è una grande differenza rispetto ai manifesti elettorali affissi in città: mentre per strada tutti vediamo gli stessi manifesti, sul web possono comparire solo alcuni partiti, in base ovviamente al tipo di utente. Di conseguenza si crea un problema di visibilità.

La nostra democrazia ha bisogno di una legge per regolamentare le campagne elettorali sui social? Nel nome della lotta alle fake news e per un confronto più equo, la risposta dovrebbe essere sì.

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