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Fisco, la "tassa Airbnb” non rende: dalla cedolare secca solo 44 milioni

(Photographer: Andrew Harrer/Bloomberg – Getty)
(Photographer: Andrew Harrer/Bloomberg – Getty)

Solo 2mila e 700 contribuenti, con entrate pari a 44 milioni contro i 139 stimati. L’applicazione della cedolare secca alle piattaforme come Airbnb che agiscono da intermediari per affitti brevi non starebbe dando i risultati sperati nel suo primo anno di applicazione.

I numeri

I soldi che sono entrati nelle casse dell’Erario sono di meno anche rispetto alle stime effettuate da Federalberghi, che parlava di un mancato gettito di oltre 250 milioni. Guardando i dati delle dichiarazioni dei redditi 2018, relativi al 2017, pubblicati dal ministero dell’Economia e delle finanza, ad adeguarsi alla normativa sarebbero stati soltanto 7mila e 200 contribuenti.

La legge

Lo scontro legislativo che va avanti ormai da qualche anno tra il Fisco e Airbnb risale alla legge introdotta nel 2017 dal governo Gentiloni. L’intento era quello di far emergere in modo più chiaro e trasparente i redditi di coloro che affittano case attraverso servizi come Airbnb, Booking o HomeAway, obbligando queste società ad agire come sostituti di imposta e quindi a versare il 21% sui contratti di locazione.

Le polemiche

Airbnb ha sempre criticato le modalità di applicazione della legge, facendo anche presente che la stessa violerebbe il diritto della compagnia, garantito dall’Europa, di avere la propria sede legale dove preferisce. L’applicazione della cedolare secca in Italia e l’obbligo di agire come sostituto d’imposta dovrebbero portare la società a spostare la sede nel nostro Paese, aveva dichiarato Matteo Stifanelli, country manager di Airbnb in Italia, in un’intervista all’Agi.

I vincoli al mercato

Sempre dalla compagnia californiana fanno sapere che l’applicazione di una simile normativa colpirebbe soltanto la piattaforma, rappresentando un forte vincolo sul mercato concorrenziale, come già aveva dichiarato l’Antitrust nel 2017. Inoltre, questa normativa colpirebbe chi usa i pagamenti digitali in un mercato come quello alberghiero e degli affitti, dove anche il 70% delle transazioni avviene in contanti, secondo i dati diffusi da Bankitalia.

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