Annuncio pubblicitario
Italia markets closed
  • FTSE MIB

    34.249,77
    +310,02 (+0,91%)
     
  • Dow Jones

    38.293,16
    +207,36 (+0,54%)
     
  • Nasdaq

    15.962,35
    +350,59 (+2,25%)
     
  • Nikkei 225

    37.934,76
    +306,28 (+0,81%)
     
  • Petrolio

    83,76
    +0,19 (+0,23%)
     
  • Bitcoin EUR

    59.734,75
    -712,14 (-1,18%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.333,09
    -63,44 (-4,38%)
     
  • Oro

    2.350,10
    +7,60 (+0,32%)
     
  • EUR/USD

    1,0703
    -0,0030 (-0,28%)
     
  • S&P 500

    5.111,04
    +62,62 (+1,24%)
     
  • HANG SENG

    17.651,15
    +366,61 (+2,12%)
     
  • Euro Stoxx 50

    5.006,85
    +67,84 (+1,37%)
     
  • EUR/GBP

    0,8563
    -0,0010 (-0,12%)
     
  • EUR/CHF

    0,9776
    -0,0009 (-0,09%)
     
  • EUR/CAD

    1,4619
    -0,0030 (-0,20%)
     

La geopolitica offusca l'economia in miglioramento

A pochi giorni dall’inizio del mandato presidenziale, Trump sta monopolizzando l’attenzione mondiale, sorprendendo anche chi lo ha eletto: stessa situazione di chi decide per noia di comprarsi un grosso cane apparentemente giocherellone, per movimentarsi un po’ la vita ma, una volta a casa, si ritrova una belva feroce e ha paura a fare un passo. Nessuna sorpresa, invece, per chi aveva da subito paragonato Trump a dittatori come Hitler e Mussolini.

Nassim Taleb dice che non si tratta di fascismo, ma di una rivolta globale contro i “falsi esperti”: “fare il burocrate non è un lavoro giusto”.

Fatto inusuale, Donald Trump viene citato in circa la metà delle conference call o eventi per gli investitori delle 242 aziende dell’indice S&P500 che in gennaio 2017 hanno comunicato i risultati dell’ultimo trimestre 2016, riporta il Wall Street Journal. Finora, le maggiori aziende USA hanno riportato utili in crescita, ma c’è incertezza per il futuro. I maggiori utili sono stati fatti dai giganti del Nasdaq (Francoforte: 813516 - notizie) , come Apple (NasdaqGS: AAPL - notizie) , Facebook (NasdaqGS: FB - notizie) e Amazon (che nonostante dati inferiori alle previsioni ha utili in forte crescita), mentre hanno deluso aziende del settore Telecom come Verizon (NYSE: VZ - notizie) , e del settore energetico come Chevron (Euronext: CHTEX.NX - notizie) .

Le proposte di rialzo delle tasse sulle importazioni avanzate da Trump hanno sconcertato le compagnie molto orientate all’export, come il colosso delle carte di credito AmericanExpress. Altre, come la farmaceutica AmerisourceBergen Corp., hanno sottolineato i rischi di un aumento dei prezzi per i consumatori: “garze e siringhe costeranno di più”. Altre ancora, come Apple o Ford, che finora hanno fatto utili anche grazie al basso costo della manodopera cinese o messicana, si interrogano sui costi logistici di una relocation della produzione negli Stati Uniti.

ANNUNCIO PUBBLICITARIO

L’indice S&P500 a 2297, in positivo del 2.62% da inizio anno, sui massimi di sempre, sembra stordito dal fuoco incrociato di news positive sul fronte degli utili aziendali e dei tweet destabilizzanti di Trump, che da un giorno all’altro spara ordini esecutivi senza precedenti, come il travel ban (il divieto di ingresso negli Stati Uniti, con effetto immediato, per 90 giorni per i cittadini di Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen) o annuncia la revisione del Dodd-Frank Act, un regalo alle banche americane, che festeggiano il miraggio di una deregulation, come prima della grande crisi del 2008.

A seguito dell’ordine esecutivo impartito da Trump sul travel ban, sono stati revocati 60.000 visti ai cittadini di questi Paesi, ordine poi sospeso da una sentenza della Corte dello Stato di Washington. Aeroporti americani paralizzati per giorni. Buona parte della corporate America si subito è schierata contro Trump. Goldman Sachs (NYSE: GS-PB - notizie) , Citigroup (NYSE: C - notizie) , MasterCard (Swiss: MA.SW - notizie) , Ford e Coca Cola (NYSE: KO - notizie) criticano le restrizioni: l’America è un Paese di immigrati. Steve Jobs di Apple era di origine siriana. Ajay Banga, capo esecutivo di MasterCard ha sottolineato di essere un immigrato. Il co-fondatore di Google, Sergey Brin, è arrivato negli USA come rifugiato dalla Russia.

Mezzo mondo ha manifestato contro le decisioni razziste di Trump, riempiendo le piazze. Ça va sans dire, l’ex amministrazione Obama, capeggiata da Kerry e Rice ha detto che la decisione del travel ban non può essere giustificata.

I mercati, cinici e concreti, per ora stanno vivendo di rendita delle buone trimestrali e aspettano ad aprire l’ombrello, prima che piova. Tuttavia, iniziano a fare le prime proiezioni. “Se il Congresso dovesse adottare una tassa di confine del 20%, le esportazioni dei Paesi asiatici negli Stati Uniti potrebbero subire una contrazione del 3-4%, con un freno alla crescita economica della regione dello 0,5%. Solo il colosso cinese nel 2015 ha piazzato oltre 483 miliardi di dollari di beni negli Stati Uniti” scrive il Sole24Ore.

In Germania, dopo una serie positiva di dati che evidenziano una crescita superiore alle attese del prodotto interno lordo e degli ordini industriale saliti del 5,2% in dicembre rispetto al mese precedente, arriva la frenata della produzione industriale, in calo del 3% in dicembre, da novembre 2016, la peggiora lettura da inizio 2009.

Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) frattempo, nel Regno Unito ci si prepara a Brexit. Settimana scorsa, il Governo inglese ha pubblicato un file di 76 pagine dove si delinea un’uscita “morbida e ordinata” del Regno Unito e una nuova partnership con l’Unione Europea.

Nel 2015 l’Europa ha esportato più in UK, che viceversa. Il Regno Unito ha esportato beni e servizi in Europa per un controvalore di 230 miliardi di sterline, mentre l’Europa, Germania in testa, ha esportato nel Regno Unito per 291 miliardi di sterline.

La Bank of England ha lasciato i tassi d’interesse invariati allo 0.25% innalzando le prospettive di crescita per i prossimi tre anni, pur considerando un rallentamento post Brexit: prevista una crescita del 2% quest’anno, 1.6% nel 2018 e 1.7% nel 2019.

Anche nel Regno Unito, come negli USA, si iniziano a percepire i primi effetti collaterali: l’indebolimento della sterlina rende più cari i beni importati, inducendo i consumatori inglesi alla prudenza. Nonostante il buon andamento dell’economia, calano le vendite al dettaglio in gennaio.

In Francia, le figuracce di François Fillon per i salari spropositati concessi ai suoi familiari fortificano Marine Le Pen (Other OTC: PENC - notizie) , rendendola più competitiva nella gara all’Eliseo con un programma abbastanza tosto: referendum sull’uscita dall’Euro, riduzione del numero di deputati e senatori, ritorno dei controlli alle frontiere, limitazione dell’immigrazione a 10.000 persone all’anno, uscita dall’Unione Europea e dallo spazio di Schengen. Terreno fertile per il populismo dilagante.

Lo spread tra Titoli governativi francesi e tedeschi si è subito allargato, a 73 punti base, con il rendimento del decennale francese decollato dallo 0,10% di settembre 2016 all’1,10% di oggi, più che decuplicato in quattro mesi.

In Grecia, storia infinita, si presentano all’orizzonte 5-7 miliardi di scadenze di debito governativo distribuite nel corso del 2017, a partire da febbraio, come un percorso a ostacoli.

Tsipras è di nuovo tra due fuochi. Anzi tre. Da un lato l’elettorato, al quale ha detto che non vuole aggiungere un euro in termini di austerità, rispetto a quanto già concordato. D’altro canto, Christine Lagarde del FMI, che ha minacciato: “o l’Europa taglia il debito e il governo dà l’ok alle riforme, o noi siamo fuori”. Il FMI non può investire altro denaro in un bailout se pensa che il debito sia insostenibile. Infine, c’è il Ministro delle Finanze tedesco Schauble che evidentemente spinge per l’austerità e si oppone a tagli del debito greco, perché la Germania ci perderebbe troppo.

Nell’incertezza, i Titoli a due anni greci sono crollati di prezzo e saliti di rendimento, oggi al 9,5%, quasi il doppio rispetto al 4,85% di novembre 2016.

Operativamente e per concludere

BCE (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) e Fed sono state più accomodanti del previsto nelle prime conferenze stampa dell’anno, rispettivamente il 19 gennaio e l’1 febbraio. Nonostante i progressi dell’inflazione siano evidenti in Europa come negli USA, le banche centrali si mantengono espansive, aspettando maggiori conferme sia dal punto di vista dell’inflazione, cresciuta più per la ripresa dei prezzi dell’energia che per l’accelerazione dei consumi, sia per l’incertezza del contesto geopolitico.

Stessa situazione nel Regno Unito, dove l’apparente dinamismo dell’economia soffre della spada di Damocle della prossima Brexit.

Per di più, negli Stati Uniti, l’enorme portafoglio titoli che la Federal Reserve ha accumulato in tre round di quantitative easing, che ammonta a circa 4500 miliardi di dollari, pian piano diminuisce di duration (oggi a 6 anni, contro i 7.5 del 2013, visto che il tempo passa e i titoli scadono). L’effetto indiretto che ne deriva è quello di un aumento del rendimento del T-Note (Stoccolma: NOTE.ST - notizie) decennale USA, nell’ordine di 15 punti base, cosa che storicamente è stata accompagnata da un paio di rialzi di 25 punti base sui tassi a breve, ha detto Janet Yellen nel discorso del 19 gennaio all’Istituto di Ricerca di Politica Economica dell’Università di Stanford.

Forse anche per questo la Fed è così prudente nell’alzare i tassi?

In sintesi, le banche centrali stanno facendo di tutto per non alzare i tassi, perché ciò metterebbe di nuovo a rischio la ripresa economica. D’altro canto, una serie di fattori esterni, come geopolitica e ripresa dei prezzi dell’energia, stanno di fatto facendo risalire i rendimenti dei Governativi.

Il rialzo dei rendimenti sui governativi ha in molte occasioni anticipato una discesa dei mercati azionari, oggi sui massimi storici negli Stati Uniti.

Con margini di manovre monetarie così ridotte su entrambe le sponde dell’Oceano e con tensioni crescenti fra Cina e Stati Uniti, è naturale attendersi maggiore volatilità sui cambi, dove i Governi, pur negandolo, si fanno guerra valutaria, in cerca di maggior competitività. Dopo le parole del chief trade adviser di Trump, Peter Navarro, nei confronti dell’Euro “esageratamente sottovalutato” l’Euro è balzato fino a oltre 1,08 contro dollaro, per tornare in area 1,0650 dopo le parole di Draghi, settimana scorsa.

Sul cambio Euro/Dollaro USA siamo compratori in area 1,0580 e venditori in area 1,10.

Sui governativi, i recenti e i prossimi rialzi dei rendimenti offrono opportunità di acquisti tattici.

Massima prudenza sui Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online