Annuncio pubblicitario
Italia markets close in 7 hours 17 minutes
  • FTSE MIB

    34.479,64
    +203,62 (+0,59%)
     
  • Dow Jones

    38.711,29
    +140,26 (+0,36%)
     
  • Nasdaq

    16.857,05
    +28,38 (+0,17%)
     
  • Nikkei 225

    38.490,17
    -347,29 (-0,89%)
     
  • Petrolio

    73,43
    +0,18 (+0,25%)
     
  • Bitcoin EUR

    65.363,56
    +1.899,74 (+2,99%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.479,50
    +5,76 (+0,39%)
     
  • Oro

    2.352,10
    +4,70 (+0,20%)
     
  • EUR/USD

    1,0878
    -0,0005 (-0,04%)
     
  • S&P 500

    5.291,34
    +7,94 (+0,15%)
     
  • HANG SENG

    18.413,54
    -30,57 (-0,17%)
     
  • Euro Stoxx 50

    4.989,61
    +36,24 (+0,73%)
     
  • EUR/GBP

    0,8510
    -0,0010 (-0,12%)
     
  • EUR/CHF

    0,9703
    +0,0023 (+0,24%)
     
  • EUR/CAD

    1,4865
    -0,0014 (-0,09%)
     

Guerra Ue-UK e sterlina in crisi. I motivi del crollo del pound

Tra i tanti attriti che impediscono alle borse europee di viaggiare in maniera spedita si aggiunge anche la guerra, sempre più infida perchè diplomatica, tra Ue e GB.

Dalla Brexit alle minacce

In realtà l’Europa non ha mai veramente perdonato il voltafaccia che Londra ha inaspettatamente fatto quel 23 giugno, giorno del referendum con il quale veniva sancito l’addio dell’Isola. Un addio che già si presupponeva, sarebbe stato molto lungo e complicato sotto tutti i punti di vista. Non solo, ma l’arrivo di un processo di distacco che era (ed è) un’incognita si sarebbe scagliato contro il resto dell’Europa, Continente che ha bisogno di tutto tranne che di incertezze. Crescita anemica, inflazione che non si riprende, blocco degli investimenti e progressiva perdita di fiducia nelle istituzioni principali rappresentate dai governi e dai partiti politici classici, insidiati dal pericoloso avanzare dei populismi. Come se ciò non bastasse anche l’unico interlocutore internazionale giudicato affidabile, la Bce (Toronto: BCE-PA.TO - notizie) , non riesce a dare la stessa fiducia di prima ai mercati. Anche perchè il famoso “faremo tutto il possibile” che nel 2012 diede speranza al Vecchio Continente, ormai non ha più appeal.

Il crollo del pound: perchè?

ANNUNCIO PUBBLICITARIO

In tutto questo la sterlina ha registrato nella notte una perdita superiore al 6% arrivando a toccare minimi che non vedeva da oltre 31 anni. Tradotto in numeri si parla di un rapporto di 1,1841 dollari, arrivato poco dopo a 1,26 dollari sui mercati asiatici (quasi il 16% dalla Brexit quando era a 1,50) mentre con l’euro si è “fermata” a 94,15 il minimo da 17 anni. Una scossa superiore a quella dell’immediato post Brexit. A questo punto in molti si chiedono: cosa ha potuto permettere un evento di questa portata? Oltre alla risposta già individuata nelle operazioni di immissione di liquidità a sostegno dell’economia che aveva adottato la Bank of England immediatamente dopo i risultati del referendum sulla Brexit, la prima ipotesi è quella di un errore da “Fat Fingers” ovvero dita grasse. La denominazione originariamente indicava un errore di battitura nella formulazione di un ordine mentre adesso, con l’entrata in scena degli automatismi e degli algoritmi, ha mantenuto lo stesso nome ma con un significato leggermente diverso: oltre l’errore dell’ordine si potrebbe verificare una risposta da parte degli algoritmi precedentemente programmati per creare e rispondere a precise situazioni, compresa la pubblicazione di dichiarazioni a loro volta price sensitive. Insomma una reazione irrazionale nata come una reazione a catena partita da un algoritmo e che avrebbe poi coinvolto gli altri, ma almeno non emotiva.

La politica

Innegabile che un ruolo importante in tutto questo lo abbiano giocato le dichiarazioni, arrivate non più tardi di qualche giorno fa (la sterlina era a 1,30 sul dollaro), del primo ministro inglese Theresa May che fissano l’inizio dell’iter di divisione a marzo 2017, sottolinenando la volontà di mantenere la massima libertà di commercio da entrambe le sponde della Manica. Il tutto limitando l’ingresso degli stranieri sul suo territorio. In altre parole Londra vorrebbe prendere la parte buona dell’Unione (la libertà di commercio) scartando i doveri (accettare la sua parte di profughi visto che molti di quelli guardano a Gran Bretagna e Germania come mete finali della loro odissea). Una scelta che i paesi dell’Europa non accettano: la libertà di circolazione deve riguardare tutto, persone, capitali e merci, perciò se Londra esce dall’Unione esce anche dal mercato. Niente sconti. Ma una Gran Bretagna fuori dal mercato significa un grande pericolo per il sistema finanziario britannico a prescindere dalle continue rassicurazioni fatte dal capo del Tesoro britannico, Philip Hammond.

La questione del lavoro

Molti CEO preferirebbero abbandonare l’Isola piuttosto che sottoporsi a una sequela di adempimenti burocratici che potrebbero addirittura arrivare all’individuazione della nazionalità di ogni singolo lavoratore per catalogarlo come possibile immigrato o meno.

Facile perciò mettere mano alle cifre: a rischio 75mila licenziamenti (Fonti CitiUK) visto che le restrizioni sulla permanenza agli stranieri metterebbe in pericolo anche la presenza di lavoratori qualificati molti dei quali specializzati nel campo finanziario, particolarmente caro a Londra. A prospettare una situazione così estrema è stato addirittura il ministro dell’Interno, Amber Rudd, il quale non ha esitato a dire che le aziende inglesi non dovrebbero permettere l’ingresso a stranieri in gradi di fare lavori che anche gli inglesi potrebbero fare.

Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online