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I mercati attendono i dettagli su dazi e tagli delle tasse Usa

I mercati forex mirano rapidamente a CAD e MXN dopo l’intervento di Trump sul legno canadese

By Peter Rosenstreich

Il presidente USA Donald Trump aveva parlato a lungo di imporre dazi su legno e prodotti caseari canadesi, ma non si attendevano (eventuali) annunci fino alla prossima settimana. Ma nella notte Trump ha imposto a sorpresa un dazio fino al 24% sulle esportazioni di legno canadese. Ciò sembra essere una reazione alle imposte canadesi, in vigore già da tempo, sulle importazioni USA, che l’amministrazione Trump reputa ingiuste.

L’escalation della disputa commerciale evidenzia un malcontento latente riguardo il NAFTA e quindi CAD e MXN sono diventati rapidamente il bersaglio dei mercati forex. Trump si avvicina ai primi 100 giorni di governo e, poiché finora ha raggiunto poco di ciò che aveva promesso, cercherà di ottenere successi ingraziandosi la sua base elettorale. Il rinnovato clima di protezionismo probabilmente turberà l’imminente rinegoziazione del NAFTA, quindi il trading sulle valute dei paesi che vi aderiscono subirà pressioni a vendere. Inoltre, l’attenzione sui prezzi dei prodotti caseari evidenzierà le questioni legate all’NZD.

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I mercati si cullavano in un falso senso di sicurezza, dopo che Trump aveva fatto un passo indietro sull’aspra retorica riguardante la Cina e dopo i passi falsi sul fronte legislativo. Tuttavia, questo intervento illustra la facilità con cui può adottare una politica commerciale punitiva. Il CAD è finito sotto una forte pressione a vendere, non appena la notizia è stata riportata dalle agenzie. Rimaniamo costruttivi sull’USD/CAD, che ha compiuto un rally sopra la sua linea di trend discendente di dicembre, e miriamo a un massimo di fascia a 1,3600.

Di (KSE: 003160.KS - notizie) nuovo sotto i riflettori il deficit di bilancio USA

By Arnaud Masset

Martedì i mercati finanziari hanno continuato a elaborare il risultato del primo turno delle elezioni francesi, ma ora l’attenzione si sta lentamente spostando verso gli USA, dopo che Trump ha annunciato che svelerà una riforma fiscale “fenomenale” e ha rimesso in agenda la sua politica commerciale protezionista. Ciò nonostante, stamattina l’indice sul dollaro si muove per lo più lateralmente, suggerendo che il mercato nutre molti dubbi sull’annuncio di Trump. In effetti, sembra che il mercato non creda neanche più a quello che dice, e che preferisca aspettare interventi concreti.

Noi dubitiamo fortemente che il Congresso approvi la riforma fiscale di Trump, perché gonfierebbe ancora di più il deficit USA. Inoltre, la tempistica non potrebbe essere peggiore, visto che di recente il deficit pubblico è diventato il nuovo argomento scottante, perché il governo sta finendo i soldi e pertanto incombe uno shutdown. È poco probabile che l’amministrazione Trump convinca il Congresso a firmare la riforma sul taglio delle tasse, e, contemporaneamente, a fargli firmare un’altra legge sulla spesa. Trump si trova proprio in una situazione di stallo.

In siffatto contesto dovremmo continuare a osservare afflussi verso la moneta unica. Il passaggio verso asset più rischiosi dovrebbe proseguire, anche se il mercato converge verso un nuovo equilibrio elettorale a seguito del primo turno delle elezioni francesi. In tale contesto, rimaniamo negativi nei confronti del dollaro, in attesa di una maggiore chiarezza sulle prospettive statunitensi e più dettagliatamente sul bilancio statunitense. Oggi, il metallo giallo è sceso di un altro 0,50%, mentre lo yen giapponese ha perso lo 0,60% con la coppia USD/JPY in rialzo a 110,40. Dopo aver violato con successo la MM a 200 verso l'alto, l'EUR/USD sta ora sperimentando la resistenza chiave a 1,0865 (Fibonacci al 38,2% sul deprezzamento agosto 2015-gennaio 2016). Una violazione di quest'ultima aprirebbe la strada a 1,12 (livello preelettorale di Trump). Le elezioni francesi in corso rimarranno un ostacolo per la moneta unica sul breve termine.

Con la discesa della volatilità gli investitori punteranno al FX del ME

By Peter Rosenstreich

Il risultato più interessante del voto elettorale francese è stato il crollo degli indicatori di volatilità a livello globale. L'indice VIX è sceso del -19% da 15,30, mentre la volatilità implicita a un mese dell'EUR/USD è scesa a 8,20 da 13,45. L'indice della volatilità JP Morgan G7 è sceso all'8,03, livello non osservato da novembre 2014. Con una diminuzione della volatilità, un input critico nei mercati emergenti è soddisfatto.

Guardando in avanti, nei prossimi 2-3 mesi, vediamo un andamento chiaro per l'investimento ME. Mentre i mercati sviluppati crescono marginalmente, restano considerevolmente sopravvalutati con l'utile societario che non giustifica i prezzi estesi (l'INDU a 12 mesi PE a 20,81 e i rendimenti del dividendo a 2,35 viaggiano entrambi al di sopra della media storica). Alla luce dei deboli guadagni, non crediamo in una corsa pazza dal cash/ME ai titoli europei/statunitensi, tuttavia resta valore nelle società EM. Riconosciamo che il rinnovato protezionismo del presidente Trump sia fonte di preoccupazione, ma a causa della sua specificità non è probabile che rimanga un obiettivo politico dominante (considerando le priorità in materia sanitarie e di riforma fiscale).

Eviteremmo ZAR, TRY e MXN, a causa dei rischi idiosincratici, ma sospettiamo che i cacciatori di rendimenti migreranno verso il ME dell'high yield. Infine, a chi auspica una storica e precisa "vendita a maggio" come logica commerciale, non vi è molto da dire. Gli operatori dovrebbero osservare i dati odierni sugli immobili USA, la fiducia dei consumatori e l'indagine sulla produzione per la direzione generale dell'economia degli Stati Uniti (e il potenziale repricing del percorso dei tassi della Fed).

Autore: Swissquote Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online