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Italia emetterà in dollari entro metà 2019 con garanzia su derivati

di Giuseppe Fonte e Giulio Piovaccari

ROMA (Reuters) - Il ministero dell'Economia tornerà a emettere titoli denominati in dollari "tra fine 2018 e la prima metà del 2019" utilizzando le garanzie bilaterali sui derivati.

Lo annuncia Davide Iacovoni, nuovo responsabile del debito pubblico italiano, ricordando che l'ultima emissione in valuta risale a settembre 2010.

"Abbiamo cominciato a valutare emissioni in dollari", annuncia il successore di Maria Cannata durante un briefing con la stampa a Via XX Settembre.

Durante la crisi il Tesoro è rimasto fuori da questo mercato perché "c'è stato un enorme processo di 'regulation' che ha reso estremamente più oneroso il costo per le banche di aprire posizioni con il Tesoro", spiega Iacovoni.

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Il contesto è però cambiato a fine dicembre, quando il ministro Pier Carlo Padoan ha firmato il decreto attuativo sulla collateralizzazione dei derivati, introdotto con la manovra del 2014.

"Stiamo lavorando con tutte le controparti specialiste per la firma di contratti 'Credit support annex', che è il contratto standard allegato ad accordi Isda".

Il bilateral collaterale si concretizza nello scambio di liquidità con le banche controparti a intervalli di due settimane, spiega il dicastero.

In questa fase il Tesoro non userà titoli di Stato, altra fattispecie prevista dalla legge.

"Tutte le controparti che hanno un'esposizione in termini di mark to market sopra i 4 miliardi hanno la possibilità di vedersi collateralizzare le posizioni esistenti", dice Iacovoni.

Proprio ieri si è svolta la prima udienza del processo sui derivati di Via XX Settembre presso la Corte dei Conti, che vede imputati per un danno erariale da quasi 4 miliardi di euro Morgan Stanley, Maria Cannata, il direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via e due ex ministri.

La procura contesta i circa 3 miliardi che il Tesoro, tra fine 2011 e fine 2012, ha versato alla banca americana in conseguenza di una clausola di estinzione anticipata.

Iacovoni dice che la collateralizzazione darà al ministero "più forza contrattuale" per rinegoziare le clausole residue, esecitabili nel 2025 e nel 2036.

Peraltro il nuovo strumento non significa che il Tesoro stia aprendo una rinnovata fase di operatività in derivati. Il responsabile del debito pubblico conferma il processo di graduale uscita dalle posizioni esistenti e ribadisce che non saranno stipulate nuove posizioni a copertura di tasso.

Al 31 dicembre 2016 il Tesoro aveva derivati in essere su 145,9 miliardi di euro debito e attivi (il cosiddetto nozionale). Il mark to market, cioè il costo di chiusura di tutte le posizioni a quella data, era di 38,3 miliardi.

"Abbiamo chiuso il primo trimestre con un mark to market di circa 31 miliardi e un nozionale di 126 miliardi dai 128 di fine 2017. Continueremo a scendere", dice Iacovoni aggiungendo che anche il costo in termini di maggiore spesa per interessi è destinato a calare.

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