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Jobs act, domani parere Camera su articolo 18, nuovi decreti 20 febbraio

ROMA (Reuters) - Arriverà domani pomeriggio il parere della commissione Lavoro della Camera al primo decreto legislativo del Jobs act, quello che introduce il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, mentre per il secondo parere, quello sugli ammortizzatori sociali, bisognerà aspettare ancora qualche giorno. Lo ha detto il presidente della Commissione, Cesare Damiano, spiegando che la Commissione Bilancio non ha ancora dato suo il via libera in attesa dell'intesa con la conferenza Stato-Regioni, ma soprattutto con la Ragioneria dello Stato che deve garantire la clausola di salvaguardia sugli ammortizzatori. In sostanza, il governo dovrà assicurare la copertura a tutti coloro che, se licenziati, avranno diritto al Naspi, anche qualora si dovesse sforare il tetto di risorse stanziato nella legge di Stabilità (1,5 miliardi più altri 400 milioni tra 2015 e 2016). Il Naspi, ovvero l'assegno di disoccupazione universale, partirà a maggio 2015 e sarà corrisposto massimo per 2 anni (6 mesi per i precari). Damiano ha ribadito che nel parere si chiederà al governo di cancellare l'estensione della nuova disciplina sui contratti anche ai licenziamenti collettivi, mantenendola solo per quelli individuali. L'ex ministro del Lavoro del Pd punta anche a introdurre una proporzione tra infrazione e sanzione per i licenziamenti disciplinari e un incremento della durata dell'indennizzo. Stasera arriverà il parere della commissione Lavoro del Senato che non dovrebbe presentare rilievi particolari. Sembra difficile che il governo accolga le richieste dei parlamentari, considerando che i pareri non sono vincolanti e che il piatto delle riforme da approvare è ricco e sul mercato del lavoro Matteo Renzi non vuole tentennamenti. L'esecutivo, al Consiglio dei ministri del 20 febbraio dovrà definitivamente varare i primi due decreti e presentarne altri due, sul riordino delle forme contrattuali e della cassa integrazione. Il governo potrebbe presentare anche un nuovo decreto sui contratti a termine che ne riduca la durata massima a 24 mesi (da 36) e il tetto ai rinnovi a 3 (da 5). In prospettiva poi, tutti i contratti precari dovrebbero scomparire. L'ipotesi non piace al presidente della Commissione in Senato, Maurizio Sacconi, che lancia una provocazione: piuttosto che cancellare tout court le forme contrattuali flessibili, si rinunci a modificare l'articolo 18 ampliando la possibilità di usare le partite Iva con pressione fiscale e contributiva ridotta se il fatturato è modesto. (Francesca Piscioneri) Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia