Annuncio pubblicitario
Italia markets close in 7 hours 47 minutes
  • FTSE MIB

    34.251,81
    +264,91 (+0,78%)
     
  • Dow Jones

    38.852,27
    +176,59 (+0,46%)
     
  • Nasdaq

    16.349,25
    +192,92 (+1,19%)
     
  • Nikkei 225

    38.835,10
    +599,03 (+1,57%)
     
  • Petrolio

    78,45
    -0,03 (-0,04%)
     
  • Bitcoin EUR

    59.228,57
    -637,99 (-1,07%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.368,88
    +3,76 (+0,28%)
     
  • Oro

    2.328,40
    -2,80 (-0,12%)
     
  • EUR/USD

    1,0770
    -0,0003 (-0,03%)
     
  • S&P 500

    5.180,74
    +52,95 (+1,03%)
     
  • HANG SENG

    18.480,91
    -97,39 (-0,52%)
     
  • Euro Stoxx 50

    4.980,78
    +23,82 (+0,48%)
     
  • EUR/GBP

    0,8588
    +0,0016 (+0,18%)
     
  • EUR/CHF

    0,9756
    0,0000 (0,00%)
     
  • EUR/CAD

    1,4732
    +0,0017 (+0,12%)
     

La Bosnia ribolle. Dodik vola da Putin, sentendosi forte

Russian President Vladimir Putin (R) meets with Milorad Dodik, the Serb member of Bosnia's tripartite presidency, in Belgrade on January 17, 2019. (Photo by Mikhail KLIMENTYEV / SPUTNIK / AFP)        (Photo credit should read MIKHAIL KLIMENTYEV/AFP via Getty Images) (Photo: MIKHAIL KLIMENTYEV via Getty Images)
Russian President Vladimir Putin (R) meets with Milorad Dodik, the Serb member of Bosnia's tripartite presidency, in Belgrade on January 17, 2019. (Photo by Mikhail KLIMENTYEV / SPUTNIK / AFP) (Photo credit should read MIKHAIL KLIMENTYEV/AFP via Getty Images) (Photo: MIKHAIL KLIMENTYEV via Getty Images)

Milorad Dodik, l’esponente serbo della presidenza tripartita bosniaca, l’uomo che da mesi usa una retorica guerrafondaia che minaccia di distruggere le fragili istituzioni della Bosnia-Erzegovina, è volato a Mosca per incontrare il presidente russo Vladimir Putin. L’incontro si svolge mentre a Riga, in Lettonia, si apre la riunione dei ministri degli Affari esteri della Nato: un vertice in gran parte incentrato sulla Russia, dalle sue manovre militari attorno all’Ucraina alle situazioni in Bielorussia e Georgia, fino al dossier balcanico. L’amicizia con Putin, infatti, è per Dodik motivo di spavalderia e arroganza. “Se qualcuno cerca di fermarci, abbiamo amici che ci difenderanno”, ha dichiarato quando ha lanciato per la prima volta l’idea che la Republika Srpska formasse un proprio esercito, facendo tornare l’incubo della guerra civile.

Della sua fiducia nella mano tesa di Putin - e del presidente cinese Xi Jinping – nel caso di sanzioni occidentali, Dodik ha parlato apertamente in un’intervista pubblicata ieri dal Guardian. “Quando vado da Putin, non ci sono richieste. Dice solo ‘in cosa posso aiutare?’. Di qualunque cosa gli abbia parlato, non sono mai stato ingannato. Non so su cosa altro basare la mia fiducia, se non su quello. Riguardo [il leader cinese] Xi Jinping, anche lui dice: ‘Se c’è qualcosa in cui posso aiutare, sono qui’”, ha osservato l’esponente serbo bosniaco.

“Incontrerò Putin ed è per questo che vado [a Mosca]. La strategia dell’Occidente è dire che c’è una certa influenza maligna della Russia, ma loro non è che hanno politiche maligne, bensì distruttive - [parlo del] Regno Unito, in parte dell’America, e prevedo che non saremo ben posizionati neanche con il nuovo governo tedesco. Ma che dobbiamo fare, non siamo qui per soddisfare i loro desideri”, ha detto Dodik prima della partenza all’emittente della Republika Srpska Rtrs.

ANNUNCIO PUBBLICITARIO

Dodik è stato condannato da più parti nelle ultime settimane per il suo piano di ritirare l’entità serba del Paese, la Republika Srpska, dalle istituzioni statali, creando delle istituzioni indipendenti in particolare per settori come l’amministrazione fiscale, la magistratura, l’intelligence e persino la difesa. L’insieme di queste iniziative è stato descritto in un rapporto delle Nazioni Unite come una “secessione” e un rischio per gli Accordi di pace di Dayton del 1995, che hanno posto fine alla guerra in Bosnia-Erzegovina dopo la disgregazione della Jugoslavia.

La tensione è aumentata alla fine dell’estate, dopo l’introduzione - promossa dall’Alto rappresentate Onu - di un emendamento del codice penale bosniaco che vieta la negazione del genocidio di Srebrenica e l’esaltazione dei criminali di guerra. Per Dodik e il suo partito, è stato il pretesto per alzare il livello di uno scontro sempre presente. Nel giro di un paio di mesi, il leader serbo bosniaco ha boicottato le istituzioni statali, per poi annunciare la creazione a Banja Luka di diverse strutture parallele. A fine ottobre, inoltre, la polizia della Republika Srpska ha organizzato due diverse esercitazioni delle forze speciali per la prevenzione del terrorismo, una della quali sulla montagna di Jahorina, vicino la capitale Sarajevo. “Questa serie di eventi, conditi da toni minacciosi, ha rievocato nella popolazione le immagini della guerra civile del 1992-’95 facendo traballare l’intero Paese, che da decenni si regge su un precario equilibrio nazionale e internazionale”, osserva Giorgio Fruscione, analista Ispi esperto di Balcani.

Tra le altre cose, i serbo-bosniaci chiedono l’abolizione del ruolo dell’Alto rappresentante Onu, attualmente ricoperto da Christian Schmidt. “Questa richiesta è appoggiata anche dalla Russia, che ha minacciato di porre il veto al Consiglio di sicurezza Onu in occasione del rinnovo della missione internazionale Eufor Althea qualora non fossero stati eliminati i riferimenti all’Alto rappresentante”, ricorda Fruscione. “La richiesta alla fine è stata accolta, soprattutto perché la diplomazia occidentale sul dossier bosniaco non ha mai seguito una linea univoca e coerente”.

Degli interessi di Mosca nella destabilizzazione della Bosnia scrive su Foreign Policy Vesna Pusic, ex vicepremier e ministra degli Affari esteri ed europei della Croazia. “Da solo, Dodik è abbastanza irrilevante. Il suo coraggio, arroganza e rilevanza sono puramente il prodotto del sostegno russo”, scrive Pusic, secondo cui “il Cremlino ha identificato i Balcani occidentali come un terreno di gioco ideale per le sue operazioni di influenza e provocazione politica, sondando costantemente fino a che punto poteva spingersi prima che l’Occidente reagisse. Dal punto di vista russo, ha molti vantaggi: è [una regione] relativamente piccola, divisa tra molti Stati piuttosto poveri e, considerando la sua storia recente, non è così difficile da distruggere e destabilizzare […]. La regione è stata trasformata in una scacchiera virtuale, sulla quale la Russia vuole esercitare un’influenza e competere con l’UE e gli Stati Uniti. Ma, per ora, la Russia è l’unica a giocare”.

Il punto è che, per Unione Europea e Stati Uniti, la situazione in Bosnia non è (ancora) un problema, se paragonata alle grandi manovre russe nel Donbass. Il fronte ucraino è riesploso nelle ultime settimane, con l’allerta per la mobilitazione di centomila soldati russi a nord, est e sud del Donbass, la regione ucraina dal 2014 sotto il controllo dei separatisti sostenuti da Mosca. Gli Usa hanno avvertito la Russia che ci saranno “gravi conseguenze” se invaderà l’Ucraina. “Qualsiasi azione di escalation da parte della Russia sarebbe motivo di grande preoccupazione per gli Stati Uniti [...] e qualsiasi nuova aggressione scatenerebbe gravi conseguenze”, ha affermato il segretario di Stato americano Antony Blinken, prima di partecipare alla riunione Nato a Riga. “Abbiamo visto il copione della Russia molte volte”, ha aggiunto, in riferimento alla Crimea.

Gli Stati Uniti hanno già minacciato sanzioni per colpire le proprietà di Dodik (l’ingresso sul suolo americano gli è già interdetto dal 2017). Nell’Ue se ne comincia a discutere, ma c’è la consapevolezza che raggiungere l’unanimità sarà molto difficile (Paesi come l’Ungheria e la Slovenia difficilmente sosterranno sanzioni contro la Republika Srpska). In ogni caso, Dodik ha detto chiaramente al vice segretario di Stato Usa Gabriel Escobar che le sanzioni americane “non lo preoccupano affatto”. E lo stesso discorso vale per le ipotetiche sanzioni europee. “Non sono indifferente, ma non sono stato scelto per essere un codardo”.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.