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Lavoro, la lunga marcia di Renzi per completare il Jobs act

Un'operaia al lavoro in fabbrica. REUTERS/Antonio Bronic (Reuters)

di Francesca Piscioneri ROMA (Reuters) - Sarà anche vero che il lavoro non si crea per legge ma, con una percentuale di disoccupati che in Italia ha toccato il 13% a febbraio - superando il 40% tra i giovani - e gli occhi dell'Europa puntati sull'annunciato 'cambioverso', Matteo Renzi non può fallire l'appuntamento con il Jobs act. Come ha ammesso in una recente intervista con Reuters Insider il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, la possibilità di chiedere maggiore flessibilità sul bilancio a Bruxelles dipende dalla realizzazione delle riforme strutturali, in primis quella per rendere più dinamico il mercato del lavoro italiano. "Vogliamo tornare sotto il 10% [di disoccupazione]. Ci arriveremo nei prossimi mesi e nei prossimi anni", ha detto Renzi che dal primo luglio, per sei mesi, sarà presidente di turno dell'Unione europea. Secondo gli analisti, e lo stesso ministro del Welfare Giuliano Poletti, il 2014 sarà ancora un anno duro per il mercato del lavoro, che lentamente si adegua all'asfittica ripresa italiana vista a +0,8%. Ma la determinazione di Renzi piace all'estero. Il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier si è tolto 'tanto di cappello' davanti agli obiettivi di Renzi, e anche il primo ministro francese Manuel Valls sembra ispirarsi al giovane capo di governo italiano per portare Parigi fuori dalle secche. La prima gamba del Jobs act, il decreto lavoro che rende più facile per le aziende fare uso dei contratti di apprendistato e a termine - estendendo a tre anni la possibilità di rinnovi senza causale con multe per chi sfora il tetto di precari consentiti - vedrà la luce tra stasera e domani [nL6N0NT45G]. Il via libera è stato accidentato per i mal di pancia prima della sinistra Pd poi degli alleati di centrodestra, tanto da aver richiesto il ricorso al voto di fiducia sia alla Camera che al Senato, per tre volte. E ha determinato un ulteriore peggioramento nei rapporti, già burrascosi, con il sindacato, in particolare la Cgil, secondo cui la norma aumenta la precarietà senza favorire la creazione di posti di lavoro. Il decreto, però, è solo l'antipasto di un menù pensato da Renzi per ridurre la dicotomia contratto a tempo determinato/indeterminato e la dualità del mercato italiano del lavoro nel quale gli occupati più anziani hanno goduto e godono di forti protezioni e i più giovani di quasi nessuna. BANCO DI PROVA E' DELEGA, MA RICHIEDE TEMPI LUNGHI La vera partita per saggiare la capacità del governo di 'cambiareverso' si giocherà nei mesi a venire sul disegno di legge delega che ha l'ambizione di semplificare i contratti - oggi oltre 40 - e riformare gli ammortizzatori sociali. L'idea è quella di andare verso un contratto, se non unico principale, a tempo indeterminato e a tutele crescenti, per rendere più flessibile il mercato del lavoro come chiedono gli osservatori internazionali. Il nuovo contratto consentirebbe di superare in una prima fase, per esempio tre anni, i vincoli sui licenziamenti a fronte di un costo ragionevole per l'azienda che recede, per poi aumentare gradualmente le tutele. La ratio è quella di incentivare le assunzioni e dare ai giovani, in prospettiva, la possibilità di un impiego stabile. I blocchi sociali e politici che fanno muro appena si pronuncia la parola 'articolo 18' - la norma dello Statuto dei lavoratori che disciplina il reintegro dei lavoratori licenziati - sono robusti, ma forse i tempi sono maturi se anche Susanna Camusso, non tenera con il governo Renzi, si è detta pronta a discutere di contratto a tutele crescenti. Altro obiettivo della delega è quello di cancellare la cassa integrazione in deroga a vantaggio di un sussidio di disoccupazione universale, in linea con altri Paesi europei. La cassa in deroga, introdotta nel 2008 per far fronte alla crisi delle aziende che non hanno diritto alla cig ordinaria e straordinaria, si è poi estesa a macchia d'olio creando problemi di copertura. Per il 2014 manca 1 miliardo. Allo studio anche il salario minimo che, ha detto ieri Padoan, "è da prendere in considerazione ma, magari, in futuro". Oltre al merito, anche l'iter di approvazione della delega è molto complesso. Il testo, vagliato dal Quirinale, è arrivato in Senato a inizio aprile. Dopo il via libera delle Camere, il governo avrà sei mesi di tempo per esercitare la delega emanando uno o più decreti attuativi, e un ulteriore anno di tempo per eventuali altre correzioni. In teoria tutto si dovrebbe chiudere in 18 mesi, un tempo comunque lungo per l'instabile politica italiana, e che non è scontato. La delega fiscale di Giulio Tremonti del 2011, per esempio, è stata approvata in via definitiva a febbraio 2014. Le elezioni europee del 25 maggio serviranno a capire se il governo Renzi avrà il tempo di raggiungere i suoi obiettivi. Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia