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ECONOMICA - Lavoro, la strada in salita nonostante sgravi e jobs act

Un operaio di AugustaWestland al lavoro nella fabbrica di Vergiate, 13 marzo 2015. REUTERS/Giorgio Perottino (Reuters)

di Luca Trogni MILANO (Reuters) - I numeri dopo i primi tre mesi 2015 sono sconfortanti: a fine marzo il numero degli occupati italiani era inferiore di oltre 220.000 unità a quello di fine 2014. In precedenza dati più specifici avevano indotto maggiore ottimismo. Nel primo bimestre, aveva reso noto l'Inps, i nuovi contratti a tempo indeterminato sono saliti del 20,7%, mentre per il solo mese di marzo, secondo il ministero del Welfare, vi erano stati oltre 90.000 contratti di lavoro in più. L'introduzione, in gennaio, degli sgravi contributivi per le assunzioni a tempo indeterminato, quindi non pare al momento in grado di forzare una tendenza generale che rimane negativa. La novità è rilevante: da gennaio gli sgravi contributivi abbassano significativamente i costi relativi ai nuovi dipendenti, sino a un tetto annuo di 8.000 euro e con durata triennale. A questo dal 7 marzo, con l'entrata in vigore del Jobs Act, si aggiunge la possibilità di assumere a tempo indeterminato con il contratto a tutele crescenti che lascia all'azienda la possibilità di interrompere il rapporto di lavoro. "Il dato negativo è di difficile intepretazione. Le aziende sono state caute? Non si sono ancora preparate all'utilizzo dei nuovi strumenti? Sicuramente ora c'è un potente incentivo ad assumere. Ma bisogna vedere quante sono assunzioni di lavoratori già all'opera con un diverso inquadramento e quante assunzioni sarebbero state comunque effettuate", commenta Stefania Tomasini, responsabile dell'area macroeconomica di Prometeia. Il dato diffuso da Istat, infatti, fa riferimento agli occupati in qualsiasi forma di attività lavorativa, dipendenti a vario titolo ma anche autonomi, regolari e non. E quindi può contenere al suo interno passaggi di lavoratori da categorie a tempo all'agognato posto a tempo indeterminato. Ed essere coerente con le indicazioni Inps e del ministero del Welfare positive ma relative al solo lavoro dipendente. PER METODOLOGIA LAVORI IN CORSO I numeri di fine 2014 hanno poi lasciato agli economisti più di un dubbio sulla bontà dei dati relativi al lavoro: in un anno di recessione il tasso degli occupati è cresciuto dello 0,2%. Un quadro scivoloso che contribuisce a favorire commenti trionfalistici e accuse precipitose a ogni stormir di dato. Il presidente dell'Istat Giorgio Alleva è ora al lavoro con l'obiettivo di introdurre, intorno a fine anno, una comunicazione integrata con Inps e ministero del Lavoro. In questo modo verrebbe fornito un sistema di informazioni integrato che si aggiungerebbe alle comunicazioni trimestrali Istat, al momento l'informazione più completa. INDICAZIONI POSITIVE Nelle pieghe delle cifre Istat emerge qualche piccola indicazione meno negativa in prospettiva. Il tasso di disoccupazione a marzo è risalito a un impietoso 13% ma è anche probabilmente il frutto dell'aumento del numero di persone che si riaffacciano sul mercato del lavoro dopo aver rinunciato alla ricerca di un impiego. Il loro arrivo innalza il rapporto tra disoccupati e forza lavoro ma indica anche l'uscita dal precedente clima di rassegnazione. Un'indicazione chiarissima arriva poi dal crollo delle ore, già in trend discendente nel 2014, di cassa integrazione. A fine marzo il totale autorizzato è passato a 61,6 milioni di ore dai quasi 90 milioni di dicembre 2014. Una diminuzione a cui, spiegano gli economisti di Ref guardando alla cig effettivamente utilizzata, corrisponde una stima di oltre 100.000 unità di lavoro attive in più. FUTURO DI LENTI MIGLIORAMENTI Di sicuro non basta però l'attesa di un modesto ritorno alla crescita economica nei primi tre mesi per invertire con decisione una tendenza che nel 2014 ha portato il tasso di disoccupazione al 12,7%, il massimo dagli anni Settanta. Le imprese, in presenza di segnali di ripresa della domanda, adeguano la loro capacità produttiva, forza-lavoro compresa, solo dopo aver saturato quella iniziale. Uno sfasamento temporale dei dati occupazonali rispetto a quelli del ciclo economico è quindi difficilmente evitabile. Né d'altra parte è pensabile che da un Pil a +0,1/0,2% scaturisca un'accelerazione in tema di aggiustamento della forza lavoro. Occorre guardare un periodo più ampio, in cui anche qualche problema di misura del lavoro viene assorbito da una serie più ampia di cifre. Le recenti previsioni della Commissione europea accreditano una discesa del tasso di disoccupazione al 12,4% nel 2015, tasso che rimarrebbe invariato, nonostante la maggiore crescita attesa, il prossimo anno. Va ricordato che, in tema di contratti a tempo indeterminato, l'anno in corso beneficia del sostanziale blocco delle assunzioni definitive verificatosi nell'ultimo trimestre del 2014 in attesa dell'entrata in vigore degli sgravi contributivi. Non solo: il fattore 'sgravi' potrebbe gonfiare i dati degli occupati quest'anno con un contraccolpo negativo il prossimo in assenza della misura di incentivazione. "Gli sgravi a disposizione nel 2015 potrebbero non esistere più nel 2016. Quindi è ipotizzabile che negli ultimi mesi di quest'anno le imprese anticipino assunzioni che altrimenti avrebbero fatto nei primi mesi del prossimo" spiega Fedele De Novellis, capo-economista di Ref. Meno severe per il 2016 le indicazioni di Istat che vedono il tasso di disoccupazione tornare al 12% pur in presenza di una quota elevata di disoccupati da oltre 12 mesi. Il ritorno a tassi a una cifra rimane lontanissimo. Nell'ottobre 2011, per fare un esempio, il tasso di disoccupazione in piena crisi finanziaria ma con alle spalle un anno e mezzo di congiuntura positiva si attestava all'8,7%. Il Jobs Act sembra rimanere sullo sfondo. Molto chiaro il suo impatto sulle regole del gioco per imprenditori e forza-lavoro, tutto da verificare sul campo un suo effetto duraturo sui livelli occupazionali. Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia