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"Le bollette aumentano? Con le rinnovabili si risparmiano 30 miliardi l’anno”

(Photo: Juma Mohammad via ZUMAPRESS.com / AGF)
(Photo: Juma Mohammad via ZUMAPRESS.com / AGF)

Nel 2022 l’orologio energetico ci riporterà indietro di mezzo secolo? Negli anni Settanta del Novecento i due shock petroliferi causati dalla guerra del Kippur e dalla rivoluzione iraniana hanno cambiato la nostra percezione dell’energia. Ora l’aumento delle tensioni geopolitiche tra Russia ed Europa e l’instabilità dei Paesi dell’Africa mediterranea, assieme alle fibrillazioni della macchina produttiva che si rimette in moto provando a superare la pandemia, hanno quintuplicato il prezzo del gas in 6 mesi rischiando di destabilizzare l’economia.

In questa situazione cresce una contrapposizione frontale. Da una parte c’è chi propone di recuperare quote di combustibili fossili e afferma che bisogna aumentare le tasse sulle rinnovabili perché, con l’impennata dei prezzi, vedono crescere gli incassi pur utilizzando un combustibile gratuito come il sole e il vento. Dall’altra chi punta ad accelerare la transizione energetica sbloccando proprio le nuove centrali di solare ed eolico che in Italia sono al palo da quasi un decennio.

Di fronte a questo bivio Elettricità Futura, la principale associazione del mondo elettrico italiano, e Utilitalia, la federazione che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas, durante la pausa natalizia hanno scritto al governo (al presidente del Consiglio Mario Draghi, al ministro dell’Economia Daniele Franco, al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani) e per conoscenza al presidente dell’Arera Stefano Besseghini mostrando come il meccanismo dei contratti energetici stabilizzi i profitti degli operatori delle rinnovabili e suggerendo alcune mosse per un rapido riequilibrio della bilancia energetica.

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“In questa situazione di mercato, eventuali rendite particolarmente elevate potrebbero essersi realizzate solo per le quote (tipicamente minoritarie) vendute direttamente sui mercati spot e non coperte da contratti a termine stipulati prima dei recenti incrementi di prezzo. Tali fattispecie andrebbero però necessariamente ‘certificate’ con riguardo a casi specifici per non penalizzare, in maniera generalizzata e ingiustificata, gli operatori del settore elettrico ed energetico in generale”, hanno scritto le due associazioni facendo riferimento ad analoghe decisioni già prese dal governo spagnolo.

In sostanza – dicono gli operatori del settore– la larghissima parte dell’energia prodotta è prevenduta con contratti di lungo periodo. E quindi le oscillazioni di breve periodo non modificano gli incassi. Un po’ come il gestore di un mercato immobiliare basato principalmente sulla formula degli affitti a quattro anni non beneficia dei picchi di richieste di Bed & Breakfasts a ferragosto.

Inoltre, si aggiunge nella lettera, “in Italia la maggior parte degli schemi incentivanti dell’energia rinnovabile prevede un sostegno inversamente proporzionale al valore dell’energia, escludendo del tutto la possibilità di generare extra profitti in capo all’operatore. Un analogo approccio metodologico andrebbe auspicabilmente sviluppato anche rispetto al settore del gas, in cui la stragrande maggioranza degli extra profitti si concentra nella parte upstream (produttori di gas, praticamente tutti all’estero) e non lungo la filiera nazionale”.

Resta però l’allarme sugli effetti che la crisi dei prezzi energetici può produrre sull’insieme dell’economia. Come fronteggiarlo? “Nel breve trasferendo una parte degli oneri di sistema in fiscalità generale. Nel medio periodo, raggiungendo gli obiettivi indicati dall’Unione europea e dal governo italiano”, risponde Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura. “Il lungo blocco dei nuovi impianti rinnovabili ha creato una situazione di stallo: con le rinnovabili ferme al 38% dei consumi elettrici, l’Italia pagherà nel 2021 una bolletta elettrica di 75 miliardi di euro. Se avessimo già raggiunto il mix elettrico previsto per il 2030, cioè almeno il 70% di rinnovabili, scenderemmo a 45 miliardi, cioè taglieremmo quasi la metà delle nostre bollette elettriche, grazie anche alle minori importazioni di combustibili fossili e alle minori emissioni di CO2. Inoltre in un quadro di forte instabilità geopolitica la sicurezza cresce se si produce l’energia in casa”.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.