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Senza miracoli monetari si scende

E’ qualche giorno che sto annusando aria di correzione sui mercati azionari, dopo che l’arrivo di SP500 su quota 2.100 non ha avuto un seguito positivo, ma ha chiamato all’azione i venditori, e dopo la evidente crisi di nervi degli operatori della borsa giapponese che, come i bambini che fanno i capricci quando vengono contrariati, hanno scatenato le vendite dopo che Kuroda non ha deciso l’aumento della dose di droga monetaria che attendevano.

Le (Taiwan OTC: 8490.TWO - notizie) borse azionarie ormai da molto tempo stanno, come si suol dire, “camminando sulle uova”. A fronte di un’economia mondiale che sta rallentando in modo sempre più evidente e generalizzato, si pretende che le borse continuino a salire, estendendo il ciclo rialzista iniziato una vita fa, cioè nel lontano 2009, a prescindere da ogni collegamento con l’economia reale.

Ma ormai, come dimostra la stagione delle trimestrali, il rallentamento dell’economia si sta ripercuotendo in modo sempre più evidente sulla capacità di generare profitti, anche da parte di molti colossi che in questi anni hanno sostenuto le borse con trimestrali costantemente oltre le previsioni. In un contesto in cui le principali banche centrali hanno sostanzialmente esaurito le cartucce a disposizione, senza riuscire a generare quegli effetti positivi sull’inflazione e sulla crescita che hanno promesso e costantemente mancato, quando le stime di crescita delle varie aree economiche fatte dai principali istituti di ricerca (ieri è stata la volta della Commissione UE) vengono costantemente riviste al ribasso ad ogni aggiornamento, i mercati sembrano aver esaurito la benzina delle aspettative e prepararsi alla venuta al pettine dei diversi nodi finora tenuti lontani dalla generosità monetaria delle banche centrali.

Trasformare l’acqua in vino pregiato è sempre più difficile per gli apprendisti stregoni delle banche centrali. E’ vero che qualcuno non ha ancora esaurito le cartucce. Ieri la banca centrale australiana, che aveva i tassi ancora un pelino superiori allo zero, ha praticato anch’essa il suo bel taglio. Ma le principali (FED, BCE (Toronto: BCE-PA.TO - notizie) , BOJ e BOE (Shenzhen: 200725.SZ - notizie) ) vivono ormai il disagio di quegli autisti di pullman con il navigatore fuori uso, che hanno sbagliato strada e non sanno come ritrovarla per portare i viaggiatori alla meta, tra le lamentele della comitiva, stanca di girare a vuoto.

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Il fondo Atlante è stato l’ultimo esempio fallito di emulazione del miracolo delle nozze di Cana. Doveva raccogliere almeno 6 miliardi dalla partecipazione di banche ed istituzionali, garantire gli aumenti di capitale richiesti dalla vigilanza BCE ad alcune banche italiane, comprare a prezzi più alti di quelli di mercato gran parte dei crediti deteriorati delle banche italiane e, ciliegina sulla torta, garantire un rendimento del 6% ai finanziatori aderenti. Un nuovo miracolo italiano, targato Renzi.

Ora si scopre che i miliardi raccolti sono stati solo poco più di 4. Un terzo di questi se n’è già andato nell’acquisizione della quasi totalità dell’aumento di capitale della Popolare di Vicenza, che per di più non ha nemmeno ottenuto la quotazione in borsa. Il resto potrebbe finire nella garanzia dei prossimi aumenti di Veneto Banca, Carige e magari qualche altra banca che nel frattempo potrebbe scoprire qualche altarino. Per l’acquisto delle sofferenze rimarrà poco o nulla.

Risultato: l’euforia che dall’8 aprile aveva risollevato le quotazioni delle banche italiane dopo il ruzzolone di inizio anno è svanita come neve al sole ed anche ieri è proseguita la corsa a vendere quel che fino alla scorsa settimana si spingeva per comprare.

Il nostro indice Ftse-Mib, carico di bancari, ha perso altri 2 punti e mezzo percentuali ed è stato ancora una volta tra i peggiori d’Europa (ieri l’ha battuto quello spagnolo).

Ma tutta l’Europa ha ceduto. Eurostoxx50, l’indice delle blue chips europee, ha rotto il supporto di 2.990 ed è ormai a pochi punti dalla trendline rialzista che sostiene tutto il movimento di recupero avviato a metà febbraio. Oggi questa linea di demarcazione tra la prospettiva rialzista e quella di un possibile ritorno vero i minimi dell’anno passa da 2.965 e sarà quello, verosimilmente, un baluardo che i compratori cercheranno di difendere a tutti i costi.

Anche Wall Street ha vissuto una giornata negativa, spinta la ribasso anche dal prezzo del petrolio che sta continuando la sua correzione. L’indice SP500 ha ricoperto al ribasso tutto il recupero del giorno precedente, e questo certamente non è una bella indicazione. Non si respira la negatività che aleggia in Europa, ma la forza del rally che da febbraio al 20 aprile ha procurato oltre il 10% di rialzo, sembra ormai un ricordo, fiaccato dalle incertezze sempre più evidenti su trimestrali, FED e prospettive di crescita del secondo trimestre.

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online