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Non c'è stata la tempesta perfetta ma restano nuvole ovunque

I mercati viaggiano spinti da un vento positivo che però non cancella i dubbi di fondo. Intorno alle 13 l'Europa viaggiava con un trend positivo contraddistinto dal +1% del Dax, lo stesso risultato del Cac 40 di Parigi e dal +0,7% di Londra. Per quanto riguarda Piazza Affari, il Ftse Mib vantava al giro di boa della mattinata un lusinghiero 0,9%.

Le paure, però, restano

Secondo quanto dichiarato dal fund manager Raoul Pal a Yahoo! Finance , in corso sulle borse internazionali non ci sarebbe la tanto temuta tempesta perfetta ma si stanno comunque addensando molte nubi minacciose. A spaventare, però, non è nemmeno tanto il numero, quanto la loro provenienza. Infatti le maggiori preoccupazioni arrivano dalla Germania, cioè da quel fronte che, finora, è stato il Bastione che ha permesso la salvezza di molti risparmiatori e che, da tempo rappresenta la locomotiva economica del Vecchio Continente. In realtà da tempo il sistema di credito tedesco è sotto la lente di ingrandimento degli analisti, anche perchè sono sempre più evidenti le crepe macroscopiche che rischiano di destabilizzare tutto il continente. Crepe che, adesso, si sono notevolmente ingigantite a causa del colosso Deutsche Bank le cui azioni sono crollate sull’onda dei timori della nuova multa inflitta dalle autorità statunitensi in merito alla vendita per le obbligazioni garantite dai mutui subprime, multa che arriva a 14 miliardi e che si somma alle altre già in conto all’istituto di credito.

La Germania è il canarino nella miniera

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Ma secondo l’esperto, questo sarebbe solo il proverbiale "canarino nella miniera di carbone" che in realtà rappresenta un problema molto più grande ascrivibile a tutto il sistema bancario europeo da Pal definito come “il cigno nero di cui nessuno si era accorto”. E i numeri sembrano dargli ragione: dall’inizio dell’anno Deutsche Bank ha perso oltre il 50% del suo valore, Credit Suisse il 40%, UBS è sceso del 31%, Royal Bank of Scotland del 48% e Barclays di oltre il 33%. Lo stesso dicasi delle banche spagnole.

Ma tutto il sistema è nei guai: oltre il nodo dei NPL ovvero dei crediti deteriorati che appesantiscono molte realtà economiche tra cui quella italiana, arriva lo spettro della mancanza di capitale per molti grandi nomi. Nel frattempo, complice la politica degli interventi delle banche centrali, Bce in prima fila, la curva dei rendimenti ha iniziato ad appiattirsi arrivando a entrare, primo caso nella storia, in territorio negativo con un aumento dei titoli coinvolti (e della loro durata) sempre più ampio. Il che rappresenta il male assoluto per il sistema di credito la cui voce di guadagno sugli spread è stata praticamente cancellata proprio mentre la Bce chiedeva garanzie di profittabilità e capitalizzazione. E qui si arriva al terzo punto evidenziato da Pal: la regolamentazione imposta da Bruxelles è sempre più stringente per le banche stesse ma anche pericolosa per i clienti. Infatti in caso di ristrutturazione di un istituto, le nuove norme sul bail in prevedono che ad essere chiamati in causa siano azionisti, obbligazionisti e, in ultima istanza, i correntisti, regole che rendono i clienti delle banche sospettosi e soprattutto l’atmosfera molto tesa se si pensa che gli aiuti di stato sono vietati e grandi nomi come Mps e Deutsche Bank, adesso, tremano. Anche se in entrambi i casi si continua a rassicurare sulla solidità dei rispettivi istituti. Ma la situazione resta precaria anche per l'Ue: la Germania non può salvare Deutsche Bank perchè altrimenti anche le altre realtà in difficoltà come appunto Grecia, Italia o Cipro potrebbero reclamare l’applicazione di misure diverse dal bail in.

E ancora l'incognita Fed

Sullo sfondo, come se ciò non bastasse, il problema dei prestiti fatti dalle aziende in questi anni: molte società Usa, infatti, hanno contratto prestiti in dollari approfittando delle condizioni particolarmente favorevoli ed investendoli spesso in operazioni di buyback e di M&A, convinti di poterli rimborsare una volta migliorate le condizioni economiche generali, cosa che, in tutti questi anni, non è mai accaduta o non con una forza tale da permettere di farlo; nel momento in cui la Fed rialzerà i tassi di interesse, al fiume di denaro da restituire (cifre della BRI suggeriscono qualcosa come 10 trilioni di dollari anche se la stima potrebbe essere stata fatta per difetto) dovranno essere aggiunti gli interessi maggiorati

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