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Private label: prodotti con il marchio del distributore in crescita

La crisi cambia il modo di riempire il carrello e in un’Italia che taglia sulla spesa alimentare c’è un settore che continua a crescere, inesorabilmente, quello delle private label, le marche private nelle quali produttore e distributore corrispondono. Coop, Conad, Carrefour, Auchan, Esselunga aumentano la gamma dei prodotti con il loro marchio consentendo, così, ai consumatori di risparmiare dal 30 al 40%. Una percentuale che di questi tempi vale oro.

Lo scorso novembre la spesa degli italiani ha fatto registrare un -2% rispetto all’anno prima. I private label, invece, sono cresciuti, come accade, ormai, da dieci anni. La statistica Nielsen divide il mercato in quattro segmenti: 1) marchi leader (alta gamma), 2) follower (letteralmente inseguitori, in pratica i marchi medio-alti che vanno dal 2° al 4° posto), 3) altre marche (gamma medio-bassa, discount) e 4) private label.

Dal 2003 al 2012 la spesa per prodotti private label è passata dall’11,3% al 17,6% del totale, con una vera e propria impennata nel periodo della crisi, visto che se ci erano voluti cinque anni (2003-2008) per aumentare di 2,8 punti percentuali la quota di mercato, ne sono stati sufficienti quattro (2008-2012) per crescere di un altro 3,5%. La crescita, dunque, non solo è costante, ma sempre più sostenuta.

A perdere quote di mercato, nello stesso periodo di tempo, sono stati, soprattutto, i marchi leader e i follower passati, rispettivamente, dal 30,1% al 26,1% e dal 26,3% al 24,6%. Le altre marche, quelle di gamma medio bassa e degli hard discount sono scese dal 32,2% al 31,7%, appena mezzo punto percentuale di flessione. I dati parlano chiaro, escludendo i private label, la contrazione della spesa nelle altre tre fasce del mercato è proporzionale alla spesa: i leader perdono il 4%, i follower l’1,7% e le altre marche lo 0,5%.

In Italia il giro d’affari dei private label è di 1,5 miliardi di euro. Una scelta fatta a discapito della qualità? No, piuttosto un altro modo di spendere. Il consumatore ripone fiducia nel marchio distributore che si fa garante della qualità dei propri prodotti, con una logica di tipo trasversale che va dall’ortofrutta ai prodotti per l’igienizzazione della casa. All’estero il fenomeno va ben oltre il 17,6% dell’Italia: in Francia e Germania la quota di mercato è all’incirca di un terzo, in Gran Bretagna sfiora il 45%.

I private label sono un guadagno per tutti: tanto per le catene di grande distribuzione che per il consumatore. A fronte di prezzi del 30-40% più bassi rispetto ai marchi leader, capita molto spesso che la qualità sia comparabile. Perché? Semplice: le catene di grande distribuzione fissano dei capitolati e cercano un produttore che, normalmente, produce con marchio proprio e, magari, come leader del mercato. In questo modo il private label può offrire prodotti di ottima qualità a prezzi estremamente concorrenziali e il produttore fa lavorare i propri impianti e incassa senza dover affrontare le spese di marketing e pubblicità. Forti di questa crescita, ora i private label stanno diversificando la produzione al loro interno, suddividendo i prodotti in economici, bio o specialità regionali.