Annuncio pubblicitario
Italia markets closed
  • FTSE MIB

    33.987,67
    -118,34 (-0,35%)
     
  • Dow Jones

    39.375,87
    +67,87 (+0,17%)
     
  • Nasdaq

    18.352,76
    +164,46 (+0,90%)
     
  • Nikkei 225

    40.912,37
    -1,28 (-0,00%)
     
  • Petrolio

    83,44
    -0,44 (-0,52%)
     
  • Bitcoin EUR

    52.101,14
    -415,84 (-0,79%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.174,00
    -34,70 (-2,87%)
     
  • Oro

    2.399,80
    +30,40 (+1,28%)
     
  • EUR/USD

    1,0844
    +0,0029 (+0,27%)
     
  • S&P 500

    5.567,19
    +30,17 (+0,54%)
     
  • HANG SENG

    17.799,61
    -228,67 (-1,27%)
     
  • Euro Stoxx 50

    4.979,39
    -8,09 (-0,16%)
     
  • EUR/GBP

    0,8457
    -0,0015 (-0,17%)
     
  • EUR/CHF

    0,9703
    -0,0023 (-0,23%)
     
  • EUR/CAD

    1,4779
    +0,0065 (+0,44%)
     

Processo Stato-mafia, Napolitano testimonia al Quirinale

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. REUTERS/Vincent Kessler (Reuters)

ROMA (Reuters) - Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è stato ascoltato oggi per circa tre ore dalla Corte di Assise di Palermo nel processo sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia nei primi anni 90, in una inedita testimonianza resa al Quirinale davanti a giudici e avvocati, tra cui quello di Totò Riina, ma non gli imputati. Il presidente "ha risposto alle domande senza opporre limiti di riservatezza connessi alle sue prerogative costituzionali né obiezioni riguardo alla stretta pertinenza ai capitoli di prova ammessi dalla Corte stessa", si legge in una nota del Quirinale, che auspica ora una rapida trascrizione dell'udienza, per diffonderla ai media. Napolitano ha risposto sotto giuramento alle domande dei pm e dei legali nel processo che vede imputati una decina di persone tra alti gradi militari e capi mafia, oltre all'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino imputato di falsa testimonianza. Secondo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, "con grande serenità la massima carica dello Stato ha dato un esempio di rispetto istituzionale e ha svolto con limpidezza e con grande dignità il suo dovere di cittadino". In una nota, Delrio dice che Napolitano dimostra "con il proprio comportamento che la legge è uguale per tutti". Il capo dello Stato ha riferito soprattutto su due argomenti, come hanno raccontato alcuni avvocati all'uscita dal Quirinale. Il primo riguarda i timori espressigli in una lettera dal suo ex consigliere giuridico Loris D'Ambrosio, morto nel 2012, su episodi accaduti tra il 1989 e il 1993 riconducibili, secondo i pubblici ministeri, proprio alla trattativa Stato-mafia. Il secondo, ciò che il presidente sa circa un attentato che la mafia avrebbe progettato contro di lui nel 1993, quando era presidente della Camera. Il capo dello Stato nello scorso novembre aveva inviato una lettera al presidente della Corte, Alfredo Montalto, in cui diceva di non aver avuto "ragguagli" da D'Ambrosio riguardo a quei timori e, pertanto, di non avere "da riferire alcuna conoscenza utile al processo". Ciononostante, il collegio ha ritenuto di dover raccogliere la testimonianza del presidente della Repubblica, che ha detto di non avere problemi a deporre. AVVOCATO DI MANCINO: ORA PROCESSO A RISCHIO NULLITA' "Esco come difensore da questa udienza con delle carte da giocare", ha detto Luca Cianferoni, difensore di Riina, all'uscita dal Quirinale. Uno dei legali di Mancino, Nicoletta Piergentili ha così ricostruito l'udienza: "Il presidente non ha mai parlato esplicitamente di trattativa e quanto all'ipotesi di 'indicibili accordi' avanzata da D'Ambrosio nella sua lettera ha confermato che si trattava solo di un'ipotesi non suffragata da elementi oggettivi". L'accusa al processo sostiene che una presunta trattativa sarebbe stata intavolata con i capi di Cosa nostra da esponenti delle istituzioni per evitare il ricorso alla violenza, dopo l'attentato contro il giudice Giovanni Falcone (di cui D'Ambrosio è stato stretto collaboratore) nella primavera del 1992. In particolare, secondo i pm, Mancino, insediatosi al Viminale il primo luglio 1992, sapeva della trattativa e avrebbe mentito agli inquirenti sui rapporti tra organi dello Stato, in particolare i servizi segreti, e boss di Cosa Nostra. Mancino respinge ogni accusa. Ma l'ex ministro, preoccupato per l'inchiesta che lo riguardava, ha compiuto diverse telefonate al Quirinale nel 2011, intercettate dalla magistratura, contattando D'Ambrosio e lo stesso presidente Napolitano. Il Capo dello Stato ha ritenuto che le intercettazioni che lo riguardavano direttamente ledessero le sue prerogative costituzionali e la Consulta gli ha dato ragione ottenendo la loro distruzione. L'altro avvocato dell'ex ministro, Massimo Krogh ha detto che l'avere impedito oggi agli imputati di "esercitare il loro diritto costituzionale di presenziare all'udienza costituisce titolo per un'eccezione di nullità del processo", che lui cercherà di far valere. (Roberto Landucci) ((Redazione Roma, Reutersitaly@thomsonreuters.com, +390685224395, Reuters.messaging: roberto.landucci.thomsonreuters.com@reuters.net)) Sul sito www.reuters.it le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia