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Riforma elettorale, D'Alimonte: accordo in mano a Berlusconi

di Valentina Consiglio ROMA (Reuters) - Le motivazioni della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha bocciato il Porcellum, diffuse ieri, non cambiano il quadro del dibattito politico sulla riforma elettorale, lasciando in piedi le tre proposte avanzate da Matteo Renzi e mettendo nelle mani di Silvio Berlusconi la possibilità di un accordo a breve. E' quanto ritiene Roberto D'Alimonte, politologo esperto di sistemi elettorali, negli ultimi tempi considerato vicino al segretario del Pd. "Le motivazioni della sentenza della Consulta lasciano ampio spazio di manovra al Parlamento; non escludono la possibilità di introdurre un premio di maggioranza, purché non irragionevole; né vietano il ricorso alle liste bloccate. Di fatto tutte le opzioni sono aperte e il nodo resta squisitamente politico", spiega il docente della Luiss. "Il vero effetto dirompente è che i giudici costituzionali hanno riportato in vigore il proporzionale in Italia, un sistema che con la frammentazione politica del nostro Paese ci porta dritti all'ingovernabilità, ma che i piccoli partiti, tra cui anche il Ncd di [Angelino] Alfano, non disprezzano affatto", aggiunge, sottolineando che "con il proporzionale tra i piedi, raggiungere un accordo complessivo sulla riforma è molto più complicato e di fatto torna cruciale il ruolo di Berlusconi". Con la sentenza del 4 dicembre scorso che ha sancito l'incostituzionalità di parti del Porcellum - e in mancanza di un accordo sulla riforma - alle prossime elezioni si voterà con un sistema simile a quello in vigore nella Prima Repubblica, dopo il referendum del '91: un proporzionale con un voto di preferenza. "Non rientra tra i compiti di questa Corte valutare l'opportunità e/o l'efficacia di tale meccanismo, spettando ad essa solo di verificare la conformità alla Costituzione delle specifiche norme censurate e la possibilità immediata di procedere ad elezioni con la restante normativa", si legge nelle motivazioni. PARLAMENTO PUO' SCEGLIERE, IN PIEDI LE 3 PROPOSTE DI RENZI Ampia discrezionalità di scelta, dunque, all'attuale Parlamento - peraltro confermato nella sua "piena legittimazione" nonostante la fine del Porcellum con il quale è stato eletto. I giudici, infatti, definiscono "distorsivo" il premio di maggioranza senza soglia minima, ma non escludono la possibilità di premi limitati. Bocciano le liste bloccate "lunghe", ma aprono a quelle "corte" sul modello spagnolo, nella misura in cui propongono pochi nomi all'elettore. "Nessuno dei tre modelli proposti da Renzi - spagnolo, Mattarellum corretto e doppio turno di lista come per i sindaci - è messo fuori gioco dalla Consulta, ma questo non semplifica la riforma elettorale, in presenza del fatto che senza un accordo tornerà il proporzionale", osserva ancora D'Alimonte. "I nodi da sciogliere erano e restano politici più che giuridici o tecnici. Un accordo a tre tra Renzi, Alfano e Berlusconi è l'unica chiave per arrivare a dare un sistema di voto efficiente e che possa durare nel tempo perché largamente condiviso". Secondo il politologo, "non ci vorrà molto" per capire se l'obiettivo di una "triplice intesa" sarà veramente raggiungibile. "Lunedì prossimo in commissione Affari costituzionali alla Camera ci sarà un testo del relatore di Forza Italia che deve essere approvato entro il giorno dopo perché la discussione è già calendarizzata in aula" Per il 27 gennaio. Prima di lunedì prossimo si dovrebbe trovare un'intesa, in modo da andare in commissione con un testo che a quel punto potrebbe essere condiviso. UNICA STRADA ACCORDO A TRE SU DOPPIO TURNO DI LISTA "Entro la fine della settimana si potrebbe arrivare ad un accordo, ma tutto dipende se Berlusconi si lascerà convincere che l'unica strada, buona anche per il centrodestra, è il doppio turno di lista", aggiunge. La possibilità che Renzi si accordi con Berlusconi su una riforma in senso spagnolo - modello di impianto proporzionale e studiato per premiare i grandi partiti, visto con favore da Pd e Fi - si scontra con l'avversione del Nuovo centrodestra di Alfano, "che un minuto dopo il varo andrebbe alla crisi di governo", sottolinea D'Alimonte, "aprendo una situazione di incertezza nella quale lo stesso Berlusconi potrebbe rimangiarsi la parola data". D'altro canto, osserva ancora il professore, "in mancanza di un accordo fra Renzi e Berlusconi, Alfano non ha alcuna intenzione di andare da solo all'accordo col Pd sul doppio turno, preferendo di gran lunga tirare avanti per andare a votare con il proporzionale", un'ipotesi quest'ultima che è sarebbe "un incubo" per Renzi. Se invece si trovasse l'intesa fra Pd e Fi sul doppio turno di lista, "Alfano non avrebbe alibi per una crisi di governo e sarebbe alla fine costretto ad accettare". Berlusconi vede da sempre di cattivo occhio il doppio turno su modello dei sindaci con il quale, dice, "al ballottaggio vince sempre la sinistra", ma l'idea di trovare un accordo con Renzi lo attrae perché lo riporterebbe al centro dell'agone politico. "Il doppio turno penalizza il centrodestra solo nelle realtà locali, dove i suoi elettori scarsamente politicizzati votano poco al secondo turno. Diverso sarebbe a livello nazionale, dove la polarizzazione è maggiore e gli elettori sono più motivati", conclude D'Alimonte. "Se ad esempio alla fine scendesse in campo Marina Berlusconi, un'evenienza che non è da escludere, un ballottaggio fra lei e Renzi vedrebbe senz'altro alti tassi di affluenza sia a sinistra che a destra".