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Società Italia, R&S: in un anno vertici guadagnano quanto dipendente in 36

Società Italia, R&S: in un anno vertici guadagnano quanto dipendente in 36 REUTERS/Leonhard Foeger (Reuters)

MILANO (Reuters) - Il lavoratore medio dei grandi gruppi italiani dovrebbe lavorare 36 anni per raggiungere il compenso ottenuto nel solo 2014 dai vertici dei principali gruppi italiani. Iniziando nel 1978 ce l'avrebbe fatta: fino al 1995 per pareggiare l'emolumento fisso dei top manager e poi fino al 2014 per la quota variabile. E' quanto emerge dall'annuario 2015 del centro Ricerche e Studi di Mediobanca (R&S) che, giunto alla sua quarantesima edizione, analizza i dati economico finanziari dei 50 maggiori gruppi industriali e finanziari italiani, comprese le attività all'estero tramite le controllate. Nel 2014 i compensi complessivi dei vertici (presidente, vicepresidente, AD e direttore generale) delle società prese in esame sono stati pari a 221,4 milioni di euro, pari a una media pro capite di 1,829 milioni di euro (881.100 di quota fissa e 948.300 di quota variabile), che si raffronta con un costo medio per dipendente (in Italia e all'estero) pari a 51.200 euro. Lo studio sottolinea che in alcuni casi la data di inizio lavoro per pareggiare lo stipendio annuale dei top manager arriva fino al 1730 e in un caso addirittura all'anno mille. CDA, ETA' MEDIA 58 ANNI, QUOTA ROSA AL 26% Spostandosi dai top manager e passando alla composizione del Cda, lo studio R&S mette in evidenza che l'età media dei consiglieri è 58 anni e che nei board gli uomini sono mediamente più vecchi delle donne (59,9 anni contro 52,1 anni in media). A confronto risulta più "giovane" e "rosa" la Camera dei Deputati, che certo non è mai stata simbolo di gioventù. R&S sottolinea alcuni particolari record: nel 2014 il consigliere più anziano è stato un membro del board di Ferragamo, con 93 anni. Il più giovane siede invece nel consiglio di Fininvest, ma è Luigi, il figlio di Silvio Berlusconi. Più in generale sotto i 45 anni c'è solo il 9,3% dei membri dei Cda. Se le quote rosa nei Cda sono salite mediamente al 26%, permane una sostanziale differenza tra le varie società: secondo lo studio, il Cda più rosa è quello di Aurelia con il 55,6%, mentre ci sono società dove non siede neanche una donna nel board, come nel caso di AcegasApsAmga, Cremonini e Dalmine. Anche Intesa sanpaolo non è messa bene con una quota rosa pari al 12,5% e De Agostini con l'8,3%. Resta invece sempre grande la differenza tra uomini e donne nelle posizioni di vertice (come presidente, vicepresidente, AD), con le donne che rappresentano solo il 9,5% del totale. (Elisa Anzolin) Sul sito www.reuters.it le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia