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Il tacchino e il nostro debito

Domani, 23 novembre, negli Stati Uniti sarà il giorno del Thanksgiving (festa religiosa del Ringraziamento per il raccolto ricevuto), in cui le famiglie americane pranzano a base di tacchino. Riflettendo vi è una stretta analogia fra il debito (in termini generali) e il tacchino. Vediamo perché.

Il tacchino è senza dubbio uno degli animali più felici: vive in un recinto, più o meno grande, dove i pericoli sono limitati, giornalmente il contadino porta il mangime in quantità sufficiente a saziarlo pienamente.

Non avendo conosciuto durante la propria vita condizioni di libertà, probabilmente si instaura anche un senso di gratitudine nei confronti di quel contadino che si prende cura di lui. La vita del tacchino quindi procede tranquillamente giorno dopo giorno sino alla vigilia del Ringraziamento, quando il contadino entra nel recinto, afferra il tacchino e gli tira il collo.

Il debito, nella mente dei politici, è abbastanza simile al mangime del tacchino: serve per fare spese di cui non si hanno i soldi, consente di creare posti e poltrone con lauti stipendi, favorisce la costruzione del consenso distribuendo favori, pensioni, vitalizi e dando benessere anche quando non lo si può permettere.

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Nello storytelling governativo il debito è sempre perfettamente sotto controllo e sostenibile, se anche risulta in aumento, lo si guarda in termini percentuali, si sottrae la spesa per gli 80 euro catalogandola come una diminuzione delle tasse, si escludono i contributi di solidarietà verso gli stati europei, si promette che le clausole di salvaguardia non scatteranno recuperando le somme mancanti con la spending review e la lotta all’evasione.

Insomma, va sempre tutto bene, e se Bruxelles contesta le cifre che non rispettano gli impegni presi appena qualche mese fa è solo perché loro non sanno far di conto. In buona sostanza, se si torturano abbastanza, i numeri riescono a dire quello che si vuole; per noi i conti tornano sempre.

Il nostro debito è come il tacchino, va tutto bene fino a quando arriverà il giorno del Ringraziamento: al tacchino tireranno il collo e a noi tireranno lo spread, faremo un bel salto al 2011 con Monti, o al 1992 quando Amato fece un prelievo forzoso nei nostri conti, o al 1974 quando Rumor dovette dare in pegno il nostro oro per ottenere un prestito.

Osserveremo il debito e le evoluzioni in crescita per il 2018, nell’Osservatorio sui dati economici italiani che uscirà fra una settimana, il 29 novembre. Vi consigliamo di non perderlo.

Autore: Maurizio Mazziero Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online