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"Trattativa Stato-mafia? L'assoluzione non è un colpo di fortuna"

- (Photo: Ansa)
- (Photo: Ansa)

“Non è un colpo di fortuna. La decisione di oggi arriva sulla scia delle precedenti”. Grazia Volo, avvocato che ha difeso Calogero Mannino nel giudizio di rito abbreviato sulla “trattativa Stato-Mafia” tiene a sottolineare che la sentenza della corte d’Appello di Palermo di oggi - che ha assolto Mario Mori, Giuseppe De Donno, Antonino Subranni e Marcello Dell’Utri dall’accusa di “minaccia contro un corpo dello Stato” - ripercorre, e conferma, quanto già appurato e cristallizzato nei tre gradi di giudizio sull’ex ministro della Dc.

Il verdetto di oggi è arrivato dopo tre giorni di camera di consiglio, che smantella 13 anni di indagini. E che sono iniziati a sfumare, in verità, già da qualche tempo. Quando, appunto, Mannino, è stato assolto in via definitiva. Perché tre corti hanno detto che era innocente: “Una lunga serie di magistrati ha giudicato la questione, riconoscendo un’impostazione non adeguata della procura”, continua Volo. Caporetto giudiziaria per chi ha condotto l’inchiesta insomma, che ha implicazioni sociali e storiche. Perché di questo si parla: nelle aule giudiziarie sono state portate delle ipotesi di reato che, al momento, sono state sconfessate - eccezion fatta per il boss Leoluca Bagarella, al quale è stata riqualificata la pena, e Antoninò Cinà, per il quale sono stati confermati 12 anni - e una determinata visione storica. Era evidente anche dagli atti dell’inchiesta: “La proposizione accusatoria conteneva elementi che potrebbero essere definiti extragiuridici. Fatti che nel sistema penale non esistono”. Un articolo di giornale, per dire, a meno che non si stiano trattando reati a mezzo stampa, difficilmente può essere considerato una prova. Ma tant’è.

Manca il terzo grado di giudizio, ed è sempre bene ricordarlo, ma a sentire verdetto di oggi la sconfitta dell’accusa sembra evidente. “Questa storia è stata molto sovradimensionata”, chiosa l’avvocato Volo, che non cede a provocazioni sulle ripercussioni che questa decisione avrà, o non avrà, sull’opinione pubblica: “Contano le sentenze, e quella di oggi ha verificato che lo sforzo fatto dalla procura nella ricerca di un presunto accordo criminoso non ha indicato nulla di penalmente rilevante”. Nessuna prova di qualcosa di illecito.

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La sentenza è arrivata poco dopo le 17.30: “Il fatto non costituisce reato”, ha detto il presidente della corte d’appello assolvendo Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni. Il giudizio della corte d’appello di Palermo smantella l’impianto accusatorio della procura di Palermo, avallato dal giudice di primo grado, sulla trattativa Stato-mafia. Quella formula giuridica dice molto più di quanto sembra. Perché dietro il formalismo della corte, si dice che gli ex ufficiali del Ros - condannati in primo grado per minaccia a corpo dello Stato - hanno avuto contatti con la mafia (lo hanno ammesso anche loro), ma lo hanno fatto nell’ambito del loro lavoro. Assolto anche Marcello dell’Utri. Dell’ex senatore di Forza Italia si dice invece che non ha commesso il fatto. Che non ha tramato contro il Paese.

Le reazioni a caldo si moltiplicano. La procura generale si limita a commentare con un laconico “aspettiamo le motivazioni e leggeremo il dispositivo”, gli imputati, invece, non nascondono gioia e soddisfazione. “Sono soddisfatto e commosso. È un peso che ci togliamo. Il sistema giudiziario funziona”. Mori e De Donno si dicono “felici perché finalmente la verità viene a galla”. Il legale di Mori, Basilio Milio, rincara la dose: ”È una bufala, un’invenzione, un falso storico”. Nicola Mannino, ministro dell’Interno nei primi anni ’90, assolto già in primo grado, evidenzia che la sentenza di oggi “spazza via l’intera vicenda giudiziaria che non doveva mai iniziare, non ci doveva stare”.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.