UBS: ecco come i super ricchi affrontano una tempesta di mercato
Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) bel mezzo dell'ondata di volatilità che ha colpito gli indici azionari nella prima metà di febbraio, investitori facoltosi e businessmen hanno mantenuto sangue freddo e una certa fiducia in una pronta reazione del mercato, mostrando però anche una certa refrattarietà a utilizzare la loro (ampie) disponibilità di cash per seguire il vecchio adagio di Wall Street 'buy on the dips': compra i ribassi.
Il nuovo report di UBS (Londra: 0QNR.L - notizie)
E' quanto emerge dal nuovo report mensile “Investor Watch Pulse” diffuso venerdì scorso da UBS Wealth Management: un sondaggio condotto dall'asset manager elvetico nella settimana tra il 5 e l'11 febbraio, ossia nel bel mezzo della correzione di due settimane fa, tra 710 dei suoi clienti della fascia high-net worth (quelli che hanno cioé un patrimonio investito superiore al miliardo di dollari) e 310 manager d'impresa.
Dalla rilevazione, risulta infatti che ben l'84% dei grandi investitori ha considerato la caduta dei listini come un fatto "temporaneo" e non il "segnale di una recessione" in arrivo, giustificando principalmente il proprio ottimismo (nell'86% dei casi) con l'affermazione che "i fondamentali economici sono forti".
Il commento di UBS
I grandi investitori sembrano insoma aver compreso, ha spiegato in un report di commento Michael Ryan, cio di UBS Wealth Management per le Americhe, che "quel che spinge i prezzi delle azioni è la forza degli utili (societari)” e che in questo senso la correzione di febbraio è stata "diversa dalle altre": non innescata cioé come tipicamente avviene da paure legate a crescita economica o eventi geopolitici, ma semplicemente da un sussulto di preoccupazione su inflazione e ritmo della normalizzazione delle politiche monetarie della Fed e alimentata "più che altro a fattori tecnici", (il riferimento è al il cortocircuito avvenuto nel mercato delle scommesse al ribasso sulla volatilità durante il pullback, ndr).
Poco cash sul mercato
Ottimismo, ma anche cautela. Pur ritenendo in maggioranza (il 68%) che quello attuale sia un buon momento per comprare azioni, solo una percentuale tra il 10 e il 15% dichiara però di aver impiegato la sua liquidità per espandere gli investimenti in equity durante la correzione.
Inoltre, l'80% dei grandi investitori ha risposto di aspettarsi che da qui in avanti il mercato sarà "più volatile" e una forte variazione di orientamento ha registrato il dato sulla "bullishness" di breve periodo: solo 43 su cento guardano con ottimismo all'andamento dei mercati nei prossimi 6 mesi (dal 75% di gennaio) e si riduce, anche se non manca, la fiducia: mentre un mese fa il 36% progettava di aumentare la propria esposizione all'equity, solo 24 su cento dichiarano a febbraio di essere pronti a farlo.
L'economia brilla meno
A due facce infine agli occhi degli intervistati il giudizio sulle prospettive dell'economia: la percentuale di coloro che esprimono ottimismo sull'outlook economico in un orizzonte di 12 mesi è calata al 58% dal 72% della precedente rilevazione di gennaio; situazione che si ribalta però spostando l'orizzonte a dieci anni: sono ora il 70% ad avere fiducia sugli scenari economici futuri, contro il 57% registrato a gennaio.
Quanto alle principali minacce al benessere finanziario, dalla prospettiva dei grandi patrimoni sono nell'ordine il clima politico di Washington (64%), l'entità del debito pubblico americano (per il 58%) e la risalita dei costi della sanità (51%).
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