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Giappone, il rafforzamento dello yen danneggia le borse e spaventa l’economia

Era dal 2008 che Tokyo non bruciava così tanto denaro in una settimana. Stamane un Nikkei in profondo rosso ha chiuso sotto la soglia dei 15 mila punti. Ciliegina sulla torta, e qui siamo davvero al paradosso, la fama di economia stabile e affidabile del Giappone gioca a suo sfavore: gli investitori in cerca di porti sicuri si buttano sullo yen e il conseguente rafforzamento di quest’ultimo danneggia gli esportatori nipponici. “Queste fluttuazioni drastiche dei listini azionari non sono desiderabili”, ha commentato il ministro delle Finanze Taro Aso. “Ci sono bruschi movimenti in atto nel mercato dei cambi e il governo continuerà a vigilare e rispondere in modo appropriato quando necessario”. Il premier Shinzo Abe puntava proprio sullo yen debole per spingere i profitti delle aziende e le loro capitalizzazioni di Borsa. Tutto questo, come reaziona a catena, avrebbe dovuto sostenere a sua volta salari, consumi e inflazione. L’ultima manovra della banca centrale, dopo due tornate di allentamento monetario, non è però piaciuta ai mercati: “La Banca del Giappone, a sorpresa, ha portato i tassi di deposito per le banche in negativo”, spiega Nicholas Smith di Clsa. “Era apparsa come una buona mossa, ma ora, alla prova dei fatti, non sembra più tale. Credo che la cosa migliore da fare con Kuroda al momento sia comprargli un biglietto per una vacanza ai tropici e dirgli di non tornare almeno per un anno”, aggiunge. Altro problema: i rischi per l’economia reale. Negli ultimi due anni, ad esempio, il Fondo pensioni pubblico giapponese ha spostato gran parte dei suoi investimenti nell’azionario. Che fare, allora? Una svalutazione dello yen sembra improbabile: difficile giustificarla senza scatenare una guerra valutaria con le altre nazioni (secondo l’Ocse, addirittura, lo yen è semmai leggermente sottovalutato).