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Perché, nonostante tutto, lo spread resta sotto controllo

La mancanza di un Governo con pieni poteri per realizzare le riforme. La difficoltà dei partiti a trovare una convergenza sul nome del prossimo Presidente della Repubblica. Il persistere della recessione, che minaccia anche i pochi settori dell’economia finora risparmiati dalla grande crisi. Insomma, nonostante tutto, lo spread tra i BTp decennali e i Bund tedeschi di pari durata, non è esploso. Anzi, nell’ultima settimana il differenziale ha innestato la retromarcia, seppur a una velocità molto contenuta, avvicinandosi ai 300 punti. Dunque, al di là di tutte le previsioni catastrofiste, non si è riprodotta la forbice dell’autunno 2011, con lo spread a 530 punti che aveva portato alla caduta del Governo Berlusconi e all’arrivo di Monti. Proviamo a capire perché e come potrà evolvere ulteriormente lo scenario.

Lo stato di salute dell’economia

Le notizie che arrivano dal fronte macro non sono entusiasmanti: il 2013 dovrebbe chiudersi con il Pil (in sostanza la ricchezza prodotta) in calo di circa l’1%, che andrà a sommarsi al -2,4% del 2012. Per la ripresa, dunque, occorrerà attendere il prossimo anno. Tuttavia, una recente analisi della Commissione Europea rivela che l’Italia raggiungerà quest’anno il pareggio di bilancio a livello strutturale (cioè escludendo dal calcolo le spese una tantum). In sostanza, anche con un Governo in scadenza come quello attuale, concentrato solo sull’ordinaria amministrazione, i conti sono sotto controllo e il Paese può procedere con il pilota automatico. Questa potrebbe essere una chiave di lettura della calma relativa che caratterizza lo spread.

E’ pur vero, però, che il rapporto tra il debito (calcolato come stock, mentre l’espressione deficit viene in genere usata per indicare il debito prodotto in un dato anno) e il Pil continua a crescere, con la previsione di arrivare al 130% a fine anno (mentre la media del rapporto debito/Pil nell’Eurozona non supera il 90%), complice lo sblocco dei pagamenti arretrati, dovuti dalla Pa alle imprese. Una misura che sarà finanziata con l’emissione di nuovi titoli di Stato, quindi nuovo debito. Quando basta per esporre l’Italia a gravi rischi di tenuta in caso di nuovi, violenti scossoni sui mercati finanziari.

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Mani forti in movimento dal Giappone

In realtà c’è anche un’altra ragione che potrebbe spiegare la calma relativa degli ultimi giorni sul fronte dello spread. La politica monetaria aggressiva attuata dalla Banca centrale giapponese per svalutare lo yen, e quindi sostenere l’export nipponico, ha portato i tassi di interesse vicini allo zero. Una situazione che sta spingendo molti grandi fondi del Paese a spostare i propri investimenti verso l’Europa, soprattutto verso l’Italia, tra le poche realtà a offrire ancora rendimenti interessanti sui propri titoli di Stato. Un flusso massiccio di acquisti sui BTp inevitabilmente limita le possibilità di rialzo dei prezzi, e quindi dello spread tra Italia e Germania. Una conferma del trend in atto arriva dalla correazione tra i Btp e il cambio euro/yen. Ogni volta che la valuta giapponese si svaluta, avviene un importante flusso in acquisto sui Btp. Se fosse questa la causa principale della calma apparente sullo spread, non ci sarebbe da dormire sonni tranquilli, considerando che inevitabilmente questo flusso arriverà alla fine, nel giro di giorni o settimane.