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Cartelle pazze: quando Fisco ed Equitalia danno i numeri

L’Inps chiede rimborsi per la pensione della mamma deceduta. Oppure Equitalia fa recapitare un avviso di pagamento dopo 34 anni. Cartelle pazze che arrivano nella casella della posta anche a distanza di anni. La storia è sempre la stessa: il fisco chiede soldi per tasse e tributi non pagati o per infrazioni del codice della strada. E pazienza se spesso e volentieri il malcapitato non ne sappia nulla perché non ha mai ricevuto nessun avviso di sorta. E magari scopre di avere un blocco amministrativo all’auto solo quando ha deciso di venderla. O peggio ancora, ci si può ritrovare la casa ipotecata senza accorgersene.

Stranezze del fisco “made in Italy”. A Walter De Berardinis, direttore di GiulianovaNews, è capitato di ricevere una lettera a firma dell’Istituto nazionale della previdenza sociale che gli chiedeva 130 euro di rimborso per la pensione percepita dalla madre dal 2002 al 2004. La richiesta, però, è pervenuta al figlio quando la pensionata era già scomparsa e il termine per procedere al pagamento scadeva il giorno successivo al ricevimento. Imprenditori e cittadini sempre più esasperati. A testimoniarlo è il numero crescente di coloro che hanno deciso di rivolgersi all’Agenzia Debiti, società che offre consulenza legale a chi ha delle pendenze aperte con il fisco, le banche e le finanziarie. “Non voglio assolutamente criminalizzare chi lavora alle dipendenze di questa società - ha detto a Panorama Massimiliano Mapelli, responsabile del ramo civile dell’agenzia – perché non fa altro che applicare la legge e seguire delle procedure standard”. Ma qualcosa nel complesso sistema italiano di riscossione non funziona come dovrebbe, per prima cosa la comunicazione nei confronti dei contribuenti, in un momento di forte pressione sui tanti imprenditori indebitati con Equitalia. Per esempio, un titolare di una media impresa manifatturiera non ha mai avuto problemi con le banche, ma si è visto negare improvvisamente una importante linea di credito, correndo il rischio fallimento. Il motivo? Equitalia aveva iscritto un’ipoteca sugli immobili dell’imprenditore per una serie di cartelle esattoriali in sospeso, ma senza che il diretto interessato lo sapesse. Chi, a causa della crisi, è costretto a rinviare il pagamento delle tasse, sappia che prima o poi tutti i nodi vengono al pettine. E con gli interessi. Al debito iniziale, infatti, viene applicata una sanzione di almeno il 30%, a cui si aggiunge un tasso di mora del 5% circa, ogni 12 mesi, più altri oneri nel caso si chiedesse il pagamento a rate. Recentemente, tra l’altro, il governo ha esteso la possibilità di dilazionare il debito fino a 72 rate, ad importo variabile, e per somme fino a 20mila euro.

Ma le cartelle pazze dell’Agenzia delle Entrate non sono certo una novità. Quindi prima di pagare, è sempre meglio verificare che il debito sia davvero dovuto. Cosa che avrà dovuto fare anche il “Condominio Capri, via Segantini 20, Rovereto”. Sì perché il condominio in questione è stato multato per eccesso di velocità. Almeno così si legge in una cartella esattoriale contestata a Bari. La notizia, apparsa sul quotidiano “L’Adige”, ha dell’incredibile se si considera che non si tratta neanche della prima volta: dieci anni fa toccò ad una chiesetta alpina della Vallarsa, sempre nel Roveretano, che fu accusata di essere sfrecciata a folle velocità, con tanto di multa da mille e cinquecento euro. Senza contare la fortuna dei contribuenti che, casualmente, sono interessati da un controllo a campione circa la veridicità dei dati comunicati nella dichiarazione dei redditi. Come è successo ad Elisabetta Soglio, giornalista del Corriere della Sera che sulle pagine del quotidiano di via Solferino ha raccontato: “Quindi la prima cosa è afferrare il telefono e chiamare la responsabile del procedimento, rigorosamente indicata in calce all’odiata missiva. La signora è gentilissima e le premetto subito che io non ce l’ho né con quelli del fisco, né con quelli di Equitalia, né con nessuno”. Ovviamente per far fronte alla richiesta di Equitalia, occorre produrre tutta la documentazione – verrebbe da dire per la seconda volta – fotocopiata e consegnata, di nuovo, all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Faranno sapere loro.

E cosa dovrebbe dire una signora napoletana che ha ricevuto un avviso di pagamento di Equitalia per un tributo che risale al 1978? Proprio così, nella cartella che chiedeva 1257,81 euro, parte del debito faceva riferimento ad una tassa legata ad un’attività commerciale, datata la bellezza di 34 anni fa. La quota era pari a 20,66 euro che nel frattempo sono diventati 611,65 euro.

Ma il fisco può chiedere pagamenti così arretrati? Dipende dal tipo di tributo riscosso. I termini di prescrizione della cartella, ossia la tempistica entro la quale la cartella stessa deve essere notificata, variano. Per le infrazioni del codice della strada e sanzioni amministrative in genere, il termine di prescrizione è di cinque anni dalla data dell’infrazione. La corretta notifica del verbale, però, è importante perché precede la cartella e interrompe il termine, facendolo ripartire. Pertanto la prescrizione della cartella è di cinque anni dalla notifica del verbale (codice della strada art. 209 e legge 689/81 art. 28). A tal proposito si può far riferimento anche alla sentenza della Cassazione n. 4375/2008. Per quanto riguarda, invece, i tributi locali quali Ici, Tarsu, Tia, Tosap, Imposta comunale sulla pubblicità e diritto pubbliche affissioni, l’attuale termine di massimo di decadenza è di cinque anni e riguarda la prima notifica degli avvisi di accertamento, con emissione di cartelle esattoriali nei successivi tre. Il bollo auto prevede un termine di prescrizione di tre anni, in pratica cade alla fine del terzo anno successivo a quello in cui doveva avvenire il versamento; il canone Rai ha una prescrizione ordinaria: 10 anni dalla scadenza.