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Manager pubblici, il tetto stipendi è ancora lontano

Manager pubblici, il tetto stipendi è ancora lontano

Metterci un freno. Quantomeno, un tetto. Quello dei compensi degli amministratori con deleghe di Anas e Rai è di 294mila euro. Mica poco. Mentre per le altre 18 società controllate dal ministero dell’Economia, gli stipendi sono fissati all’80 per cento o al 50 per cento rispetto al trattamento economico del primo presidente della Cassazione. Per ora è solo una schema il decreto che il Tesoro ha trasmesso al Parlamento per riceverne i pareri. Il testo, però, arriva a poche settimane dal rinnovo dei consigli di amministrazione di molte di queste aziende – come Anas, Invitalia e Ferrovie – e non è certo che il limite sui compensi dei vertici sarà operativo prima del prossimo rinnovo.

Perché per risparmiare un po’ di soldi pubblici si fa sempre in tempo a rinviare. L’idea di fissare un tetto massimo per gli emolumenti di manager pubblici era già venuta all’ex premier, Mario Monti, che l’aveva inserita nel decreto “Salva Italia”. A quasi due anni di distanza, a quanto pare, i limiti non sono ancora effettivamente entrati in vigore. La politica, si sa, ha i suoi tempi. Morbidi. Mentre il resto del Paese deve fare i conti con una durezza senza precedenti. Ad ogni modo, il Tesoro ha fatto uno schemino in cui raggruppa le sue società partecipate, dividendole in tre fasce, a seconda di tre criteri. O indicatori, per usare un termine più tecnico: valore della produzione (maggiore o uguale a 1 miliardo, a 100 milioni o minore di 100 milioni); investimenti (maggiori o uguali a 500 milioni, maggiori o uguali a 1 milione, inferiore a un milione) e numero di dipendenti (maggiore o uguale a 5mila, a 500 o meno di 500). Gli stipendi dei super manager saranno definiti dai consigli di amministrazione rispettando i tetti stabiliti dal decreto, “comprensivi della parte variabile per i compensi spettanti all’amministratore delegato, ovvero al presidente, qualora lo stesso sia l’unico componente del cda al quale siano state attribuite deleghe”.

Facendo un po’ di conti in tasca ai dirigenti pubblici, si nota come in prima fascia – secondo la simulazione allegata allo schema del decreto – ci siano solo Anas e Rai. Per i relativi amministratori il tetto è fissato al 100 per cento del trattamento economico del primo presidente di Cassazione: 294mila euro lordi percepiti nel 2011. A seguire, in seconda fascia, ci sarebbero Invitalia, Coni, Servizi, Consap, Consip, Enav, Eur, Gse, Ipzs, Sogei e Sogin, con limite fissato all’80 per cento del compenso di riferimento. A chiudere il raggruppamento, c’è la terza fascia ai cui manager andrà il 50 per cento dello stipendio del primo presidente della Cassazione. Le società in questione sono otto: Arcus, Cinecittà Luce, Italia Lavoro, Ram, Sicot, Mefop, Sogesid e Studiare Sviluppo.

Finora abbiamo parlato di società pubbliche non quotate. Per quelle legate nei listini di Piazza Affari, infatti, la questione cambia. Ma anche Ferrovie, Poste e Cassa depositi e prestiti non dovranno rispettare il tetto del decreto, nonostante non siano quotate. Motivo? Un comma, inserito nell’articolo uno del testo, esclude infatti dalla limitazione le società non quotate che emettono titoli allineandole, di fatto, alle quotate. Giusto per rendere l’idea, Mauro Moretti, al vertice di Fs, percepisce un compenso di 873mila euro tra parti fisse e variabili degli stipendi da amministratore e di quelli da dirigente. Senza dimenticare che alla somma occorre aggiungere anche un bonus da 300mila euro legato ai risultati 2010-12. Non se la passa male neanche Pietro Ciucci, amministratore unico di Anas, che negli ultimi tre anni si è intascato la bellezza di 700mila euro. E pensare che il senatore Pd, Marco Filippi, in una recente interrogazione ai ministri dell’Economia e delle Infrastrutture, puntava il dito proprio contro i risultati della gestione di Anas che, tra l’altro, cura la rete stradale e autostradale italiana. Perché qualcosa cambi, bisognerà aspettare che il decreto diventi legge e metta un freno agli stipendi record dei manager pubblici.