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A che punto è la ripresa?

A che punto è la ripresa?

Tra pochi giorni terminerà il primo trimestre dell'anno, che dovrebbe finalmente vedere il ritorno del segno più davanti al Pil. Non è atteso un balzo dopo anni di sofferenza, ma la sensazione è che sia l'inizio di un'accelerazione. Anche se gli analisti si dividono sul ritmo di crescita nei prossimi trimestri.

L'ottimismo di Confindustria
Secondo le stime diffuse nelle scorse settimane dall'Istat, il periodo gennaio-marzo dovrebbe chiudersi con il Pil in una forchetta compresa tra -0,1% e +0,3%, con un valore intermedio di +0,1%. Dunque, non una vera e propria svolta, ma un significativo ritorno al terreno positivo dopo una lunga crisi che ha portato gli italiani a perdere il 12% (cioè circa un ottavo) del reddito pro-capite. Oggi Confindustria ha diffuso una previsione più ottimistica, indicando per i primi tre mesi dell'anno un progresso dello 0,2%. Secondo l’associazione degli industriali “le potenti spinte esterne hanno rimesso in moto l’Eurozona e l’Italia. Gli effetti di euro più debole, tassi ridotti e prezzo dimezzato del petrolio iniziano a essere ben visibili negli indicatori, alcuni dei quali sono al top da quattro anni".

Accelerazione in arrivo
Al di là del dato acquisito nel primo scorcio dell'anno, le parole usate da Confindustria lasciano dunque immaginare un'accelerazione nei prossimi mesi. L'Istat ha rilevato a febbraio un indice di fiducia da parte delle imprese in crescita di 3,3 punti su gennaio (a 94,9, +7,0 punti in 2 mesi), mentre nel manifatturiero migliorano le attese e i giudizi sugli ordini (specie interni) e sulla produzione.
A questo punto è probabile che vengano riviste al rialzo le previsioni per l'intero 2015. A novembre il Governo ha indicato una prospettiva di crescita del Pil nell'ordine dello 0,6%, stima condivisa nelle scorse settimane dalla Commissione europea, mentre la Banca d'Italia tiene al momento ferma l'asticella allo 0,4%. Tutte queste previsioni sono però state elaborate quando l'euro viaggiava su livelli di circa il 10% superiori rispetto a oggi, il prezzo del petrolio era di poco inferiore ai 60 dollari al barile (mentre attualmente viaggia sotto i 48 dollari) e non era ancora stato avviato il quantitative easing. Secondo il Centro Studi di Confindustria, la combinazione dei fattori positivi che si sono prodotti a livello internazionale creano le condizioni per una crescita aggiuntiva nell'ordine del 2,1%. Tuttavia non si tratta di una stima sul Pil, ma solo di un potenziale, che rischia di rimanere a livello teorico se le famiglie non torneranno a consumare e le imprese non riprenderanno a investire.

I nodi da risolvere
Consumi e investimenti privati sono, infatti, i motori della crescita a fronte di una spesa pubblica destinata a restare ancora a lungo stagnante. Va poi considerato che nessuno può prevede con sufficiente approssimazione quanto durerà il momento magico: il prezzo del petrolio non sembra destinato a riprendere quota in maniera consistente a breve, ma è pur vero che le quotazioni dell'oro sono denominate in dollari, per cui un ulteriore rialzo della divisa americana peserebbe sul costo del carburante in Italia. A proposito della divisa americana, non è esclusa una correzione al ribasso, dato che in America cresce la preoccupazione sulla minore competitività dei prodotti interni rispetto a quelli europei. Sullo sfondo restano poi le variabili interne, dalla stabilità del Governo alla sua capacità di condurre in porto le riforme annunciate. Senza dimenticare le dinamiche occupazionali: senza una ripresa delle assunzioni, infatti, ci sono poche speranze di una vera ripresa