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L’attesa al ristorante? Ecco quando ti pesa di più

Attendere è sempre sconveniente, ma la percezione cambia a seconda della fase in cui si aspetta

Ristorante (Fotolia)

L’attesa fa parte della vita, e spesso è anche più divertente dell’evento in sé. Ma non quando è connessa all’erogazione di un servizio, come nel caso di ristoranti ed esercizi commerciali: in questi contesti infatti il ritardo crea differenti reazioni psicologiche, in genere negative, influenzate dal peculiare momento in cui si verifica il disservizio.

Lo dimostra anche un classico studio sul tema, di Laurette Dube-Rioux, France Leclerc (Cornell University) e Bernd H. Schmitt ( Columbia University) dal titolo Consumers’reactions to waiting: when delays affect the perception of service quality .

E’ inevitabile che nell’ambito dei servizi di commercializzazione i ritardi si creino, perché i servizi si estendono in un arco temporale dinamico, e perché non è facile prevedere quando e a che punto, ad esempio in un locale, i  clienti si presenteranno per chiedere una prestazione.

Tuttavia, i gestori possono ridurre l'impatto negativo di tali ritardi, se hanno conoscenza dei fattori che influenzano le reazioni dei consumatori in merito all’attesa. Una visita al ristorante, esempio tipico di genere, si divide in tre fasi: quella “pre-process” in cui il cliente arriva e si siede; quella "in-process" che include l’ordinazione e la consumazione; e “post-process”, in cui si paga e si lascia il locale.

Durante ognuna di queste fasi, c’è una naturale intermissione che il cliente si aspetta di incontrare, ma quando si prolunga oltre le attese, il cliente si infastidisce. La certezza è che la reazione cambia a seconda della fase, e che il grado di incertezza sul ritardo e lo stato di necessità dell’individuo influenzeranno la valutazione della qualità del servizio.

Ma in quale fase il ritardo sarà più o meno tollerato e perché? Seguendo la teoria del campo di Lewin, (dal nome dello psicologo tedesco Kurt Zadek Lewin, pioniere della psicologia sociale), il comportamento di un individuo è il risultato di forze psicologiche che agiscono allo stesso tempo, connesse ai bisogni individuali e alle forze esterne (barriere, limiti). Le forze della psiche corrispondono a una relazione tra spazio di vita, fattori sociali e ambientali, zone di frontiera (il confine tra soggettivo e oggettivo).


Quindi, i cambiamenti nei sentimenti, nel comportamento, nelle aspettative sono risultato dei cambiamenti nel bilanciamento di queste forze. Più un individuo è vicino all’obbiettivo, più pressanti sono le forze che lo spingono verso lo stesso. Più l’individuo entra nell’ambito della realizzazione dell’obbiettivo, più la pressione si riduce.

Questo come si concilia col ristorante? Se la barriera, il ritardo, occorre nella fase intermedia, in process, peserà meno rispetto alla fase pre-process. Nella fase post process il consumatore è sì appagato, ma il ritardo gli pesa, perché è motivato dal portare a termine il suo obbiettivo.

I ritardi nella fase pre e post process sono percepiti come più sconvenienti rispetto a quelli durante, eppure è il pasto il "core" dell'esperienza oggetto dello studio. Perciò, la qualità del servizio sarà giudicata più bassa ma non nella fase cruciale, quella cioè in cui i pasti sono serviti. A generare stress è, di fondo, anche la mancanza di certezza sulla durata del ritardo, più che sul ritardo in sé: più alta è l’incertezza, più grande sarà la percezione negativa.

Ne consegue che i ristoratori, sempre tesi a migliorare il servizio, devono agire a monte del processo, con una più ottimale pianificazione delle prenotazione, o con un diverso e più funzionale smistamento dei doveri tra i dipendenti, o a valle, quando arriva il momento di pagare il conto e il presidio della cassa è sguarnito. Nel durante, il cliente è più disposto a tollerare.