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La banca centrale turca reagirà, indice S&P 500 a livelli record

La banca centrale turca dovrebbe agire

di Peter Rosenstreich

Dopo il fallito colpo di stato militare in Turchia, gli investitori si concentreranno sulla riunione odierna del Comitato di Politica Monetaria della banca centrale. Finora i mercati hanno reagito in maniera ordinata agli sviluppi, ma permangono i rischi di breve termine, e gli interrogativi sul lungo periodo danneggeranno le prospettive e la crescita. La stabilità degli asset turchi, i CDS a 5 anni sono saliti di appena 20 punti base, salendo a 246, dalla chiusura di venerdì, riflettono la propensione al rischio, e non la fiducia nella resilienza della Turchia. Si prevede che il presidente Erdogan sfrutterà questi eventi per rafforzare il suo potere.

La persistenza d’incertezze politiche e sociali probabilmente si tradurrà in un deterioramento dei fondamentali economici, che minaccerà l’“investment grade” del rating sovrano. Ciò accade in una fase in cui l’Europa, principale partner commerciale e fonte di turismo per la Turchia, viene soffocata dalla stagnazione e dalle ripercussioni della Brexit.

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Alla luce del contesto attuale, prevediamo che l’intervento della banca centrale sarà più marcato della previsione media, perché i banchieri tenteranno di anticipare la curva (nonostante le apprensioni legate al riaffiorare delle pressioni inflazionistiche). Prevediamo che la BCT taglierà il tasso creditore overnight di 50 punti base, portandolo all’8,5% (previsione media: 25 punti base, 8,75%), mantenendo invece invariati il tasso di riferimento e il tasso debitore overnight, rispettivamente al 7,50% e al 7,25%. L’intervento probabilmente non avrà un effetto duraturo sull’USD/TRY, che scambia sul manico a 2,9800. In un’ottica di più lungo termine, la TRY appare molto vulnerabile, soprattutto se il presidente Erdogan prolungherà le tensioni. I prestiti in valuta straniera rappresentano una fetta importante del bilancio della banca, quindi un’ulteriore debolezza potrebbe innescare preoccupazioni per i finanziamenti. Visto l’attuale scenario, la TRY probabilmente farà peggio di qualsiasi rally delle valute emergenti, mentre gli investitori taglieranno rapidamente le posizioni in TRY per effetto dell’avversione al rischio.

Listini USA: il limite è il cielo?

di Yann Quelenn

L’S&P 500 si muove su massimi storici, lunedì ha chiuso a 2.166,89 punti. Poiché permangono forti incertezze a livello globale, i listini USA appaiono sopravvalutati. Rimaniamo prudenti sulla valutazione effettiva dell’economia USA. In effetti, crediamo che i fondamentali USA siano sopravvalutati (in particolare i dati sul lavoro). Detto in altre parole: una borsa USA più forte dovrebbe rispecchiare un’espansione dell’economia americana. A riguardo nutriamo dei dubbi.

Noi guardiamo alla liquidità illimitata che le banche centrali sembrano voler mettere a disposizione. L’andamento dei mercati azionari non dipende più dai fondamentali, ma dai banchieri centrali e dall’allentamento quantitativo. La scorsa settimana, la visita di Ben Bernanke in Giappone e le voci del “denaro a pioggia” da parte della BoJ hanno fatto salire il Nikkei, che ha guadagnato circa l’8% nel giro di tre sedute, anche se sappiamo che il Giappone fa fatica a generare un’espansione economica sostenibile e a combattere contro la deflazione.

Non c’è, lo diciamo già da qualche tempo, nessuna divergenza fra le politiche monetarie. Gli investitori hanno capito che i tassi rimarranno bassi per un po’. Dai future sui fondi Federali emerge che ora è possibile un taglio del tasso USA prima della fine del 2017, anche se la probabilità è minima. Come abbiamo scritto più volte, il corso verso un rialzo dei tassi USA è ampiamente sovrastimato e dovrebbe continuare a sostenere il mercato azionario.

È vero che l’attuale rapporto Prezzo/Utile dell’S&P 500 (Titolo/Utili – inclusi i dividendi) non è ai livelli del 2009. Si attesta intorno a 25. Ricordiamo che nel 2009 questo indicatore era molto più elevato, pari a 123,73. Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) secondo trimestre, gran parte degli utili ha fatto registrare una flessione e dovremmo assistere a un nuovo aumento del rapporto P/U.

Non c’è ragione per cui le azioni USA scendano ora, visto che l’allentamento dovrebbe continuare. Il livello a 2.200 per l’S&P 500 rappresenta quindi un buon obiettivo in un orizzonte temporale di 1-2 mesi. Tuttavia, un movimento dettato dall’avversione al rischio o dal panico potrebbe innescare una brusca flessione delle azioni USA. Ora il mercato si concentra sulle elezioni negli USA ed è lecito aspettarsi un quarto QE.

Autore: Swissquote Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online