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Le banche italiane dopo il referendum: la view degli analisti

L'Italia non è la Grecia e il risultato del referendum tricolore non è quello della Gran Bretagna che, colonna finanziaria dell'Unione, a fine giugno decise a sorpresa di uscire dall'Ue. Anche per questo il NO del referendum e le dimissioni praticamente immediate di Matteo Renzi non hanno creato il panico sui mercati nemmeno nella prima mezz'ora di contrattazione.

Il vero malato d'Europa

Ma il quadro è più complesso di quanto si creda visto il vero malato d'Europa e cioè il settore bancario italiano. Le prime considerazioni sono quelle che arrivano da Credit Suisse (IOB: 0QP5.IL - notizie) . Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) report, la banca elvetica sottolinea come fattore caratterizzante la grande quanto insolita partecipazione (66% degli aventi diritto) al referendum italiano e soprattutto la stabilità e le riforme strutturali che alla luce di quanto avvenuto potrebbero essere rallentati se non addirittura bloccati. Lo scenario comprendente un rimpasto di governo guidato dal ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, che potrebbero cercare di garantire una forte continuità con l'opera di Renzi fino al 2018, appare più difficile da realizzarsi proprio per la mancanza di una maggioranza forte, anche se il Presidente Mattarella parrebbe intenzionato ad esplorare questa opzione per riuscire a ridurre l'incertezza politica e rassicurare il mercato evitando lo spettro delle elezioni anticipate. La paura, infatti, è che questo voto potrebbe spianare la strada per un'ulteriore instabilità anche perché resta aperto il problema di una legge elettorale che garantisca stabilità senza creare una estrema frammentazione all'interno del Parlamento, eventualità tutt'alto che remota.

Una situazione delicata

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Per evitare questo, quindi, sarà necessario per forza di cose l'approvazione di un nuovo sistema di voto. Da ricordare anche che sarà necessaria, da parte del prossimo governo provvisorio, anche l'approvazione della legge finanziaria oltre quella elettorale. All'orizzonte, però, resta un'altra incertezza, quella del calendario: nuove elezioni non potrebbero aver luogo prima della metà del 2017, secondo quanto dichiarato nell'analisi, aumentando l'instabilità e soprattutto favorendo i populismi presenti nel Vecchio Continente a sua volta alle prese, nei prossimi mesi, con una serie di consultazioni elettorali di primo piano come quelle francesi e tedesche. Per questo motivo la prima cosa da fare, secondo gli esperti, sarebbe quella di dare un segnale chiaro che illumini la direzione che la politica prenderà nelle prossime ore. L'incertezza politica e l'instabilità sono un male per le banche italiane molte delle quali stanno attualmente affrontando piani di ricapitalizzazione, forti pressioni sui NPL azione, problemi di bassa redditività, un evidente e radicale cambiamento del proprio modello di business sullo sfondo di un più generale opera di consolidamento e ristrutturazione. I questa situazione, eventuali elezioni anticipate non avrebbero alcuna utilità visto che porterebbero a un rallentamento delle ricapitalizzazioni.

Su chi puntare secondo Credit Suisse

Per Credit Suisse ci sarebbero sul settore del credito ben tre potenziali rischi: quello di un possibile potenziale bail-in con conseguente corsa agli sportelli che provocherebbe anche un aumento dei finanziamenti retail, quello di un'ulteriore accelerazione del rischio sistemico e, terzo, l'aumento dei costi di finanziamento. Non solo, ma il risultato del referendum avrebbe il risultato di portare ad azioni negative da parte delle agenzie di rating sull'Italia e sulle banche italiane. Ad aiutare, però, ci sarebbero due fattori di primaria importanza: la politica e l'economia della nazione possono attualmente contare su una situazione generalmente migliore di quella della crisi del 2011-2013 e a dare man forte, o per meglio dire a proteggere la nazione da uno shock, resta l'azione stabilizzatrice della Bce (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) . Infatti per quanto il risultato del referendum resti negativo per le banche, il rischio di contagio parrebbe essere limitato. In ottica di investimento, il consiglio degli esperti guarda alle banche con un capitale forte, istituti ben capitalizzati e dividendi appetibili per il prossimo anno: Danske (dividend yield 2017previsto all'8,1%, Natixis (Londra: 0IHK.L - notizie) (7,5%) e Nordea (6,8%).

Da Goldman Sachs a Pimco

Ma Credit Suisse non è l'unico a temere per le banche tricolori. Anche Goldman Sachs vede, con il NO al referendum, un drastico crollo delle possibilità di una soluzione di mercato per gli istituti della Penisola, portando perciò sulle spalle dell'esecutivo la responsabilità di quanto dovrà per forza avvenire, sebbene allo stato attuale le incertezze politiche siano sistematicamente più alte. I dubbi sono focalizzati in particolare per il futuro di Mps (BSE: MPSLTD.BO - notizie) la cui ricapitalizzazione ora più difficile, secondo quanto sottolineato da PIMCO, diventerà una zavorra anche per le sorti delle altre banche creando una specie di effetto domino. Una situazione molto complessa perché, stando alle dichiarazioni di Nicola Mai, Executive Vice President e Analista del Credito Sovrano di PIMCO la vittoria del NO impedisce all'Italia di snellire il proprio apparato decisionale con tutte le conseguenze che ricadranno sull'iter delle varie riforme. Inoltre le dimissioni del Primo Ministro Renzi creano incertezza politica proprio durante il difficile percorso di ricapitalizzazione degli istituti e di messa in sicurezza di tutto il settore del credito tricolore.

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