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Citigroup: petrolio a 40 dollari se ad Algeri sarà flop

Scarse le prospettive di ripresa del petrolio che già da venerdì aveva segnato un calo consistente del 4%. Ed è proprio il petrolio che zavorra i mercati, accentuando le tante incertezze già di per sè presenti.

La settimana appena trascorsa

La settimana scorsa si è chiusa con quotazioni poco superiori ai 46 dollari per il Brent (46,07) e poco più alti di 44,50 per il WTI (44,67), anche se già il trend evidenziava uno scetticismo di base circa i tentativi di colloquio tra Iran e Arabia Saudita ma anche tra i progressi, del tutto fugaci, per quanto riguarda l’altro fronte, quello per un eventuale accordo tra Opec e paesi esterni. In questo caso il primo esempio arriva dai colloqui tra Arabia Saudita e Russia: l’atteggiamento cauto da entrambe le parti e soprattutto il fatto che ognuno è disposto a fare la prima mossa solo nel caso in cui la controparte si muovesse per prima, fa aumentare la negatività che grava sull’esito degli incontri. In particolare questo tipo di approccio sembra essere più evidente tra Arabia Saudita e Iran: la prima sarebbe intenzionata a un taglio della produzione solo nel caso in cui anche il secondo accettasse, eventualità che potrebbe verificarsi visto che la repubblica islamica sta raggiungendo velocemente i livelli di produzione toccati prima dell’arrivo delle sanzioni internazionali. A questo punto la svolta sarebbe decisiva. Qualora ci fosse. Infatti se da una parte si tenta di arrivare a un punto di incontro, dall’altra ci sono nazioni come Libia, Iran e Nigeria intenzionate a rialzare ulteriormente la produzione fino a 1,5 milioni di barili al giorno entro la fine del 2016.

I fattori che hanno dato vita a un tiepido ottimismo

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Ma l’andamento delle quotazioni del greggio è stato recentemente influenzato anche dalle dichiarazioni del segretario generale dell’OPEC Barkindo e di quelle del del presidente venezuelano Nicolas Maduro: il primo ha espresso più volte il suo ottimismo sull’esito dell’incontro informale di Algeri che parte oggi e di cui tutti i rappresentanti del mercato del greggio facenti capo all’OPEC potranno approfittare per iniziare a tessere la difficile e complessa trama delle intese. La sua fiducia parte dalla constatazione dei notevoli sforzi fatti da tutte le parti chiamate in causa e dal fatto che, qualora questi sforzi riuscissero a trovare uno sbocco positivo, sarà possibile una prossima riunione straordinaria del cartello in cui sarebbero ufficializzate le nuove strategie per far rialzare il prezzo del petrolio. Il secondo, cioè Nicolas Maduro, presidente del Venezuela, invece, ha dato elementi di spinta per un rialzo grazie ai numerosi incontri fatti con il presidente iraniano Hassan Rouhani, e che potrebbero aver portato a una soluzione vicina che coinvolgerebbe sia i paesi OPEC che quelli esterni all’organizzazione. Da tempo Maduro sta lavorando per riuscire a far ritrovare slancio alla materia prima che copre oltre il 96% delle entrate del Venezuela e il cui crollo ha creato una serie di conseguenze drammatiche per la stabilità economica e sociale del paese.

Le previsioni di Citigroup (NYSE: C - notizie)

Ma al di là delle dichiarazioni, delle voci e delle speculazioni gli unici dati certi sono le pressioni sulle quotazioni odierne: intorno alle 10.30 il Brent segnava 45,91 dollari al barile e il WTI 44,57, numeri che, fragili, potrebbero crollare in mancanza di risultati conreti, anche se non immediati, dopo il vertice di questi giorni che si concluderà mercoledì. Stando alle proiezioni di Citigroup, infatti, si potrebbe toccare facilmente quota 40 dollari e scendere anche sotto in caso di fallimento del vertice di Algeri. Questo perchè prenderebbero il sopravvento gli altri elementi negativi e cioè le scorte di greggio in aumento e lo scetticismo dettato da un’offerta ancora in aumento parallelamente a un calo della domanda. Infatti, come accennato, anche la Nigeria, la Libia e Russia, quest’ultima sta segnando cifre record sul trentennio, puntano a un aumento della produzione, mentre i record estrattivi dei sauditi sono realtà già nota da tempo. In altre parole sia i paesi Opec che non Opec non tagliano nei fatti pur manifestando a parole l’esatto contrario.

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