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Elezioni 2013: i politici "dimenticano" i costi della casta, nonostante la crisi e il debito record

I rappresentanti del popolo promettono ma i risultati languono e lo spreco continua

Montecitorio (Fotolia)

La campagna elettorale prosegue fra interventi in tv, frizzi e lazzi tra antagonisti, grossi dilemmi sulla venuta del Parlamento che sarà. Ma mentre va in scena il rito della corsa al consenso, e delle liste con candidature blindate a causa del Porcellum, continua ininterrotto anche il classico rituale del Paese in crisi dove la Casta spreca e il popolo soffre.

E i tagli? Sempre ventilatissimi per attirare il favore popolare, passano troppo spesso in cavalleria, perché, sperando che la gente sia troppo impegnata a sopravvivere, i politici confidano nella memoria corta dell’elettorato. Ma andiamo per ordine. Come riporta Milano Finanza, l’ultima nuova sul tema degli sprechi viene direttamente dai palazzi romani del potere, quelli di Montecitorio. Un bando da quasi 3 milioni di euro è stato lanciato per appaltare i servizi di "manutenzione di tappezzeria, falegnameria e opere vetrarie" da espletare nelle diverse sedi della Camera.

Tra le spese per lavaggi di tende e parati, una rinfrescata ai mobili, e una manutenzione degli straordinari arredi dell’architetto Basile, insomma, c’è parecchio da fare e i lavori andranno a chi presenterà l’offerta più interessante. Infatti, sempre secondo la ricostruzione del magazine finanziario milanese, la stessa Camera ha sollecitato con un invito a presentare l’offerta i candidati che sono stati già individuati da tempo. L’appalto c’è e i lavori si debbono fare, malgrado l’ingente somma di denaro che dovrà essere spesa.

Se la spending review non è un tema forte sugli sprechi nel Palazzo, anche sui tagli alle spese pubbliche ci sarebbe molto da dire. Come ricorda Italia Oggi, tra gli esempi di genere,  c’è la mancata emanazione entro il 31 dicembre scorso del decreto per fissare la "giusta percentuale" di dotazioni organiche in rapporto alla popolazione per gli enti locali. A inficiare i buoni propositi, anche troppa discrezionalità: se era previsto di obbligare i Comuni a far compilare al Ministero dell'Economia le buste paga dei dipendenti pubblici, perché hanno aderito alla causa, in un anno, solo 67 su 8.100?

Stesso discorso per la misura prevista dal decreto Crescita per obbligare le amministrazioni a divulgare, sul sito proprio, stipendi, consulenze ed erogazioni varie superiori ai mille euro. Sui tagli agli stipendi dei parlamentari e su quelli alle province, invece, forse gli italiani hanno perso definitivamente la speranza.