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Elezioni in Grecia: scenari economici e politici dopo il voto

Sommersi o salvati. A seconda di come si voglia guardare la situazione greca attuale, l'esito elettorale del 17 giugno porterà comunque ad una soluzione per un Paese che sprofonda ogni giorno di più in una crisi economica, sociale ed umanitaria. Una crisi che porta rabbia, confusione e contraddizioni: nonostante la corsa agli sportelli – che solo nel mese di maggio ha visto ritirare dai risparmiatori delle banche locali circa 6 miliardi di euro – i sondaggi fatti dopo l’ultima inconcludente elezione del 6 maggio avevano visto i greci convinti di voler rimanere ancora nella zona euro, ma stanchi dell’austerità che la politica tedesca ha loro imposto per rimanervi all’interno.

Contrari alle misure drastiche di austerity sono soprattutto i partiti della sinistra, come Syriza (sinistra dei movimenti sociali e dei comitati di lotta anti liberisti), che secondo i sondaggi di Public Issue e il quotidiano Ekathimerini  viene visto come il partito che vincerà le prossime elezioni con quasi il 32% dei voti. Se avverrà questo, il programma del leader Alexis Tsipras è chiarissimo: stop alle riforme imposte dalla Troika. Riforme che, dopo il “Memorandum 2” di ottobre sono diventate ancora più aspre: tagli per 11,5 miliardi, l’avvio di un programma di 150 mila licenziamenti nel settore pubblico, svendita delle imprese pubbliche per 50 miliardi e concessione di beni pubblici, come le coste protette di Rodi, per valorizzazione turistica. Un programma elettorale che secondo molti catapulterà immediatamente la Grecia fuori dalla zona euro, ma che non spaventa il 37enne greco, che ha nel suo programma elettorale la rinegoziazione con i creditori per ottenere una nuova moratoria sui pagamenti del debito, o il controllo pubblico delle banche e nuove misure di risparmio, come la riduzione delle spese militari. Altri sondaggi invece prevedono la vittoria di Antonio Samaras, leader di Nia Demokratia, partito di centro destra favorevole alle riforme e al Memorandum europeo, con circa il 28% dei voti.

Mentre il dibattito politico si inasprisce, dall'Europa arriva un nuovo monito: proprio oggi Christine Lagarde, numero uno del Fondo monetario internazionale, ha chiesto alla Grecia un ulteriore, rapido intervento contro l'evasione "necessario per raddrizzare le sorti di un Paese", non sbilanciandosi su una probabile uscita della Grecia dall'euro zona ("sarà una questione di determinazione politica", afferma). Più che un'elezione politica, quindi, il voto del 17 giugno viene visto da molti, in primis dall'Unione europea, come un referendum, con il quale il popolo greco deciderà - in base alla scelta del proprio leader - se restare o meno nell'unione monetaria. Una decisione che, qualsiasi essa sia, creerà un effetto domino sugli altri Stati europei, come Spagna, Portogallo, Italia e Francia. Non ci resta che aspettare.