Annuncio pubblicitario
Italia markets open in 4 hours 23 minutes
  • Dow Jones

    38.085,80
    -375,12 (-0,98%)
     
  • Nasdaq

    15.611,76
    -100,99 (-0,64%)
     
  • Nikkei 225

    37.835,35
    +206,87 (+0,55%)
     
  • EUR/USD

    1,0730
    -0,0003 (-0,03%)
     
  • Bitcoin EUR

    60.082,80
    +160,30 (+0,27%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.394,81
    +12,24 (+0,89%)
     
  • HANG SENG

    17.559,82
    +275,28 (+1,59%)
     
  • S&P 500

    5.048,42
    -23,21 (-0,46%)
     

Europa7 e le frequenze televisive negate. Italia condannata a risarcire 10milioni di euro

La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l’Italia per non avere concesso per 10 anni le frequenze all’emittente televisiva Europa 7. E ha riconosciuto alla società di Francesco Di Stefano 10 milioni di euro a titolo di risarcimento per danni materiali e morali e 100mila euro per le spese legali, a fronte di una richiesta di due miliardi di euro. “Le autorità italiane non hanno rispettato l’obbligo prescritto dalla Convenzione europea dei diritti umani di mettere in atto un quadro legislativo e amministrativo per garantire l’effettivo pluralismo dei media”, si legge nella sentenza. L’Italia, quindi, è stata condannata per aver violato il diritto alla libertà d’espressione e d’informazione (articolo 10 della Convenzione) e tutela della proprietà (articolo 1 del protocollo 1).

Una storia infinita. Il contenzioso tra Europa 7 e l’Italia risale al 1999, quando il “Centro Europa 7”, con sede a Roma, otteneva dalle autorità italiane la concessione a trasmettere attraverso tre frequenze, per la copertura dell’80% del territorio nazionale.
L’emittente Europa 7 nasceva dalle ceneri della vecchia Italia 7 per volontà dell’imprenditore Francesco Di Stefano. La capofila del nuovo circuito televisivo nazionale, nel 1998, era la romana Tvr Voxson. Nel 1999 Di Stefano “con 12 miliardi di lire derivanti dalla precedente attività decise di partecipare alla gara pubblica per l’assegnazione delle frequenze nazionali, prevista della legge n. 249 del 31 luglio 1997”, riporta Wikipedia.
Tuttavia l’emittente ebbe l’effettiva possibilità di iniziare a trasmettere solo nel 2009 e sfruttando una sola frequenza. Questo perché certe norme transitorie consentirono il prolungamento dell’uso di frequenze da parte di emittenti già esistenti. Quindi, per mancanza di attribuzione, Europa 7 non fu mai in grado di iniziare le trasmissioni.

Uno stop che ha attivato il legale rappresentate di Europa 7, Francesco Di Stefano, che ha deciso di fare ricorso alla Corte europea dei diritti umani, appellandosi agli articoli 10 (libertà di espressione e informazione) e 14 (interdizione della discriminazione) della Convenzione europea, sostenendo di aver subito un danno grave al proprio diritto di comunicare, mettendo in luce anche l’aspetto discriminante. Il ricorso è stato inoltrato dall’emittente televisiva il 16 luglio 2009 e comunicato alle autorità italiane nel successivo mese di novembre. Nell’udienza del 12 ottobre 2011, poi, la Corte europea ha affidato il giudizio alla Grande Chambre.

L’odissea giudiziaria è lunghissima. Nel 2002 fu chiesto l’intervento della Corte Costituzionale; nel 2003 la Legge Gasparri - che prevedeva un riordino del sistema radiotelevisivo italiano e l’introduzione del digitatale terreste – bloccava la rassegnazione delle concessioni analogiche, in attesa del definitivo switch off, il passaggio completo sulla nuova piattaforma digitale. Centro Europa 7 si volse al Tar del Lazio, ma il 16 settembre 2004 il ricorso fu respinto. La trafila continua nel novembre del 2006 quando si è tenuta l’udienza alla Corte di Giustizia europea, ma per il verdetto si è dovuto attendere il gennaio del 2008: si affermava che il sistema televisivo italiano non era conforme alla normativa europea che impone criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori nell’assegnazione delle frequenze. Nello stesso anno, arriva anche la sentenza del Consiglio di Stato che rimandava al Ministero dello Sviluppo economico la decisione sulle richieste di frequenze di Europa 7.

Nel marzo del 2009, Europa 7 annuncia di voler iniziare le trasmissioni, nonostante la scarsa copertura. Ma contemporaneamente è stato presentato un altro ricorso al Tar per chiedere un’integrazione delle frequenze. Tra le mille peripezie legali, combattute a suon di tribunali e ricorsi, l’11 ottobre 2010 è avvenuto l’inizio definitivo delle trasmissioni, visibili su tutto il territorio nazionale tramite un apposito decoder. La pronuncia della Corte europea, con il risarcimento da 10 milioni di euro che dovrà pagare l’Italia all’emittente televisiva, è l’epilogo della lunga vicenda che è durata quasi 14 anni.

L’atto, ad oggi, finale sottolinea come il sistema radiotelevisivo del nostro Paese non abbia rispettato il diritto europeo alla libertà d’espressione, ma non c’è traccia dell’eventuale ipotesi di discriminazione subita da Europa 7 in rapporto a Mediaset e al conflitto di interessi riguardo le leggi varate negli anni per l’allocazione delle frequenze. Non solo. La Corte ha stabilito che la procedura svoltasi davanti al Consiglio di Stato e le decisioni deliberate in quella sede sono state frutto di un processo equo, così come prescritto dall’articolo 6 della convenzione europea dei diritti umani.