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Expo 2015, il bluff delle stime sui nuovi posti di lavoro

Uno dei tanti motivi con i quali si è cercato di legittimare le grandi opere di Expo 2015 e il loro devastante impatto ambientale è stato il rilancio dell’occupazione. “L’evento che porterà occupazione” è il vecchio adagio sviluppista che ben conoscono, tanto per fare un esempio, a Torino, città nella quale, per molti, la disillusione è arrivata subito dopo lo spegnimento della fiaccola olimpica.

Dopo Torino è toccato a Milano promettere occupazione grazie a un grande evento. Gli organizzatori avevano stimato fra i 70mila e i 200mila posti di lavoro e verso la fine degli anni Zero Rho-Fiera e Pero erano diventati una specie di eldorado dell’imprenditoria milanese, pronta a non farsi sfuggire l’opportunità di lavorare  con o per l’Expo.

Negli scorsi giorni, sulla base dei dati dell’Osservatorio sul mercato del lavoro della provincia di Milano, è emerso che i posti di lavoro reali attivati grazie all’Expo sono soltanto 3.442. Si tratta di un dato ottenuto dalla documentazione relativa alle dichiarazioni delle aziende che, a partire dal 2012, devono indicare se le attività dei neoassunti siano connesse all’Expo 2015.

La differenza fra 200mila o anche “soltanto” 70 mila posti di lavoro e 3.442 è abissale. Il dossier di candidatura di Milano consegnato al Bureau International des Expositions nel 2007 parlava, appunto, di 70mila posti di lavoro. Successivamente uno studio dell’Università Bocconi del novembre 2010 aveva previsto un picco nel triennio 2013-2015 che avrebbe fatto salire l’occupazione a 130mila occupati. E, ancora, un altro studio commissionato, nel 2013, dalla Camera di Commercio (azionista al 10% di Expo) stimava che i posti creati tra il 2012 e il 2020 sarebbero stati 199mila.

Paradossalmente più il Paese entrava nella fase recessiva e più le cifre sulla potenziale occupazione venivano gonfiate, senza alcun riscontro nella reale situazione economica italiana. Presi dall’entusiasmo, il sindaco Giuliano Pisapia, il commissario straordinario di Expo Giuseppe Sala e la presidente Diana Bracco si erano lasciati andare a ottimistici arrotondamenti, d’altronde che differenza c’è fra 199mila e 200mila? Peccato che ora, alla luce dei numeri forniti dall’Osservatorio milanese, l’arrotondamento sia all’incirca un terzo dei posti reali. E se si pensa che nei lavori dell’Expo sono coinvolte 1519 imprese, la media di posti di lavoro è presto fatta: due per ognuna delle aziende coinvolte.

Secondo la Cgil i lavoratori coinvolti nell’Expo, fra il maggio e il novembre del 2015, potrebbero essere fra i 12mila e i 15mila. L’ipotesi è che siano contratti a termine con un profilo di specializzazione piuttosto basso (manovali, camerieri, carpentieri, telefonisti di call center, magazzinieri, parrucchieri, lavapiatti e aiuti cuoco) che andranno a sommarsi ai circa 6mila volontari che si avvicenderanno nel periodo dell’Expo.
 
In Provincia di Milano, dopo anni di contrazione delle cifre di occupazione, arrivano numeri confortanti: fra gennaio e maggio la crescita dei posti di lavoro è stata del +5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Nei primi cinque mesi del 2013 le nuove assunzioni furono 226.012, mentre quest’anno sono state 238.974, quasi 13mila in più. E se si pensa che gli assunti connessi all’Expo 2015 sono stati 3.442 dal 2012 (quando si iniziato a “censirli”) ciò significa che il peso dell’Expo a livello locale continua a essere davvero marginale. E le cifre che ne hanno legittimato lavori e spese un clamoroso bluff.