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Governare il futuro. Innamorati o spioni? Occhio alle app-spia

Il 30% di noi trova normale installare sullo smartphone del proprio partner un’app capace di tracciarne i movimenti, l’uso del telefonino, del tablet o del PC e di attivare, a distanza, il microfono o la videocamera.

E non basta.

L’8% degli uomini e il 10% delle donne si sono sentiti chiedere dal partner se avessero qualcosa in contrario in questa forma di pedinamento digitale.

E chissà quale è la percentuale di quelli che hanno installato questo genere di app sullo smartphone del partner senza neppure chiedere permesso.

I numeri, i dati, le percentuali rimbalzano da una ricerca pubblicata nei giorni scorsi da Kaspersky società leader nella sicurezza digitale.

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E sono dati che tratteggiano, a tinte fosche, i contorni di un fenomeno che non possiamo lasciarci scivolare addosso.

Le app che ne sono protagoniste, infatti, sono, sfortunatamente, scaricabili dall’Apple Store e dal Play Store e vengono normalmente distribuite come soluzioni per la sicurezza personale o per quella dei propri familiari ma, naturalmente, come suggerisce la ricerca si prestano a essere utilizzate – e nei fatti vengono spesso utilizzate – per spiare il partner.

Vale la pena dire subito nel tentativo di dissuadere eventuali aspiranti 007 domestici in ascolto che l’utilizzo di queste app, specie in assenza del consenso del partner, è, innanzitutto, fuori legge, costituisce – o, almeno, può costituire reato – e rappresenta una grave violazione della privacy della persona pedinata digitalmente senza che l’eventuale rapporto di coppia possa rappresentare un’attenuante.

Anzi, forse, costituisce semmai un aggravante.

Ma è una di quelle situazioni nelle quali dover scomodare la legge per dire che qualcosa non si può fare rappresenta, davvero, una sconfitta di civiltà.

Non dovrebbe, infatti, servire la legge per suggerirci che non si può pedinare una persona – tanto più se si tratta di quella che diciamo di amare – ventiquattro ore su ventiquattro.

Farlo non ha niente a che vedere con l’amore, non ha niente a che vedere con il rispetto reciproco, non ha niente a che vedere con le regole di educazione che dovremmo aver imparato a scuola o in famiglia e, ciò che conta di più, da adulti dovremmo trasmettere ai nostri figli.

Eppure, purtroppo, i numeri della ricerca di Kaspersky suggeriscono che, in questo momento, in Italia, ci sono centinaia di migliaia se non milioni di app-spia installate su smartphone di donne e uomini – in molti casi adolescenti – che stanno consegnando ai loro relativi partner ogni genere di segreto.

Così non va, naturalmente.

Non è facile, purtroppo, verificare che sul nostro smartphone sia stata installata una di queste app ma vale la pena provarci.

I campanelli di allarme sono un consumo anomalo della batteria, un traffico dati incompatibile con l’uso che facciamo dello smartphone, la circostanza che app che non conosciamo risultino – nei settaggi del dispositivo – autorizzate ad accedere al nostro microfono, alla nostra telecamera, o alla nostra posizione rilevata attraverso il GPS.

Ecco se notiamo qualcosa di questo genere vale la pena approfondire la verifica.

Ma è importante non disinstallare l’app sia perché se lo si fa lo spione o la spiona riceveranno immediatamente un alert ed è difficile prevedere come potrebbero reagire vedendosi smascherati, specie se sono violenti e sia perché ci si priverebbe di una prova utile da esibire alle autorità competenti – la polizia postale e il garante per la protezione dei dati personali – alle quali conviene rivolgersi prima di assumere ogni diversa iniziativa.

Se, per caso, avessimo ceduto alla tentazione e avessimo installato una di queste app sullo smartphone del nostro partner, spegniamola e accendiamo il cuore! Tra l’altro è la lezione migliore da dare ai nostri figli.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.