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I consumatori fedeli? Tradiscono di più

Le aziende coccolano i clienti storici ma questi hanno più margini e interesse a cambiare offerta

I consumatori fedeli? Tradiscono di più

Offrire un alto livello di servizio, per fidelizzare i clienti di prima fascia, non sempre paga. Come dimostra una ricerca della Harvard Business School proprio quelli che le aziende credono i più fedeli saranno potenzialmente i primi a tradire quando uno sfidante offrirà un analogo servizio nell'arena del mercato.

Perché succede? Non tutti i segmenti della vendita sono uguali, e più alta sarà l'aspettativa dei clienti in relazione a un servizio, e più a lungo una società avrà detenuto un primato in quel settore, maggiore sarà la propensione al tradimento da parte dei propri consumatori.

Nello studio “How Do Incumbents Fare in the Face of Increased Service Competition” Campbell, Frei e  Buell studiano le risultanze dei dati 2002-2006 di una grande banca americana che opera in più di 20 Stati, al fine di comprendere la relazione tra livelli di servizio, fidelizzazione, strategie competitive. Ed estendono i risultati ad altre tipologie di servizi. Di base, quando un competitor entra nel mercato ha alte chance di portare via clienti ad altre aziende già affermate, ma di fascia alta.

Paradossalmente, le aziende che hanno un rating inferiore nell'offerta dei servizi sono più o meno immuni dalla competizione, perchè a monte hanno deciso di tirarsi fuori dalla lotta sul servizio. La volubilità del cliente fedele, tradotta in numeri,  costa alle aziende, oltre alla fisiologica defezione di consumatori che avviene ogni anno,  un rincaro del 9.6% di addii nel singolo anno, quando entra nel mercato uno sfidante.Un evento negativo, e che alla lunga ha delle conseguenze pervasive che affossano la qualità del servizio.

Ma perché ciò avviene? Di fondo, raggiunti alti livelli, l'atteggiamento dell'azienda, della banca, piuttosto che della catena di hotel che frequentate, diventa “conservativo”; mira più a conservare il cliente che a farne di nuovi, quindi l'atteggiamento è meno proattivo,  in virtù di un certo autocompiacimento sui livelli di eccellenza già ottenuti.

A determinare questo atteggiamento c'è anche il fattore storico: generalmente un marchio si afferma quando è il primo che a un certo prezzo garantisce alto livello di servizio in un segmento di mercato, a fronte dell'assenza di una proposta di pari valore. L'alternativa è quindi concentrarsi di più per capire quali sono le nuove priorità del cliente, e se è  davvero necessario investire al fine di contrattaccare le mosse della concorrenza.

Un altro difetto è l'omologazione dei servizi: il mercato si regge su uno scambio clienti-aziende che in genere raggiunge il suo buon risultato quando prezzo e servizio appaiono interessanti e funzionanti per chi acquista. Ma non tutte le realtà necessitano dello stesso tipo di servizio servizio, che, come dimostra il caso di studio, può anche arrivare a toccare 644 contesti geograficamente isolati. Un'attitudine che fidelizza il cliente in Arkansas può essere inefficiente in Ohio. E, per paradosso, spingere il cliente a scegliere un servizio inferiore a quello che si ritiene adatto a lui, pagandolo meno.

La standardizzazione del servizio fa più gioco laddove il cliente non ha particolari esigenze, non dove invece è più sensibile, per motivi diversi, a uno scarto qualitativo. Nel caso di una banca, ad esempio, la qualità del servizio viene influenzata dal mix “impiegato, tipo di transazione, location” ma non è chiaro, a chi offre il servizio, in che percentuale ognuno di questi aspetti incide.

Sono le aziende a doverlo studiare, al fine di trattenere i clienti, che invece si guardano attorno per cercare maggiori gratificazioni. Altro interessante aspetto: l'azienda che si focalizza su un mercato, dimenticando di servirne potenzialmente un paio assieme, se non di più, rischia di non essere abbastanza flessibile al cambiamento.

Continuerà a offrire un servizio per il cliente che immagina costante e abitudinario nella sua scelta, ma quest'ultimo ha più margini di confronto per poterlo tradire rispetto al cliente medio che lo vorrebbe approcciare. Caso di genere: l'hotel di medio lusso. Se paragonato a una catena a un livello inferiore, sembrerà il top di fascia; se si scontra con il Ritz, ecco che si ridimensiona. Il cliente che può permettersi sia lo Sheraton che il Ritz  è diverso dal cliente che, messo in condizione di approcciare occasionalmente lo Sheraton, può preferirlo, in un'ottica di vantaggio, rispetto all'hotel di fascia più bassa. Morale della vicenda: chi è abituato al meglio, non ha motivi per retrocedere, ma sicuramente ha più margini per  confrontare, ed elevare, la sua shopping experience.