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Ipotesi tapering da parte della BCE?

Qualche settimana fa, sulla mia pagina Facebook (NasdaqGS: FB - notizie) , avevo ammonito circa le valutazioni estreme raggiunte dalle obbligazioni e dai titoli di stato, i cui rendimenti sono ormai nell'abisso siderale, sia sul versante governativo che corporate.

Proprio le valutazioni estreme delle obbligazioni, rendono assai difficile estrarre ulteriore rendimento dalla salita dei prezzi, per contro cresce in maniera esponenziale il rischio associato all'aumento dei rendimenti ( e quindi prezzi in discesa), di cui nelle scorse settimane (e anche ieri) abbiamo avuto solo un pallido segnale, imparagonabile con ciò che avvenne nell'estate del 2015.

Detto ciò, benché sia probabile che le banche centrali (Bce (Toronto: BCE-PA.TO - notizie) , Boj, Boe (Shenzhen: 200725.SZ - notizie) ) continuino a rimanere espansive, la politica monetaria, per come l'abbiamo conosciuta fino a questo momento, è destinata a produrre effetti sempre più attenuati nella dinamica dei prezzi, per il semplice motivo che questi, nel caso delle obbligazioni, hanno già raggiunto valutazioni estreme.

La Federal Reserve, che nell'ultima riunione non ha alzato i tassi, dovrebbe continuare nel suo percorso (certamente accidentato e assai lento) di normalizzazione dei tassi. I titoli di stato Usa a 2 anni rendono circa lo 0.75%, mentre il decennale rende l'1.70%; per contro l'indice dei prezzi al consumo è al 2.3%. Allo stato attuale, giudico assai difficile che possa coesistere in maniera strutturale uno scenario di tassi in salita negli Usa e in diminuzione nell'Eurozona. Di (KSE: 003160.KS - notizie) conseguenza, o scendono quelli Usa o salgono quelli dell'eurozona. In ogni caso, a mio parere, dati i rischi di aumento dei tassi (seppur moderato e dilatato nel tempo) chi avrà la forza di posizionarsi sulla parte più breve della curva dei rendimenti e adottare un approccio conservativo, magari inserendo nel portafoglio scadenze brevi e a tasso variabile (e la liquidità continua ad essere fattore sempre importante nei portafogli), pur rinunciando oggi alla prospettiva di conseguire (forse, ma proprio forse) un po' di rendimento in più, si troverà in vantaggio domani quando i tassi saliranno. Insomma la valutazione del trade-off rischio rendimento, a mio avviso, pende dalla parte dell'assunzione di minori rischi, data la debole prospettiva di conseguire guadagni (comunque modesti), che implica la necessità di esporsi a rischi più elevati.

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Proprio ieri Bloomberg ha riportato la notizia secondo la quale la Bce starebbe pensando ad una exit straty dalla fase di espansione monetaria che ha caratterizzato l'azione della banca centrale nel corso degli ultimi 18 mesi.

Pur ritenendo prematuro parlare della fine del quantitative easing (perché l'inflazione è ben lontana dal target desiderato dalla Bce, ammesso che la banca centrale riesca nella sua intenzione di far aumentare i prezzi), ritengo che una delle peggiori sciagure che possa capitare all'Italia e all'Eurozona sia quella di avere i paesi del nord Europa che inflazionano, mentre il sud rimane ancora in deflazione.

Sebbene non esistano dati sufficientemente robusti tali da avallare questo timore, seppur in maniera timida e ancora poco convincente, qualcosa inizia a muoversi in questa direzione.

Se da un lato una maggiore inflazione al nord potrebbe favorire il recupero di competitività dei paesi del sud, dall'altro tale dinamica potrebbe creare o accentuare le divergenze all'interno della Bce, per il semplice motivo che i paesi del sud (leggasi Italia) continueranno ad avere bisogno di una banca centrale fortemente interventista, mentre i paesi del nord (leggasi Germania) saranno sempre meno tolleranti nei confronti di una politica monetaria ferocemente espansiva, come quella attuale.

Ovvio che siamo solo agli inizi e che non è possibile trarre delle conclusioni. Ma intanto, la lettura di alcuni dati provenienti dalla Germania conferma che potremmo andare verso questa direzione.

Ovviamente non possiamo sapere se la notizia apparsa su Bloomberg (poi smentita) possa essere connessa con quanto appena affermato, ma comunque il sospetto c'è ed è assai robusto.

Fatto è che, come in qualsiasi tapering che si rispetti, la notizia apparsa ieri non può lasciare indifferenti.

In genere, quando si inizia la riduzione progressiva degli acquisti da parte della banca centrale, funziona più o meno così:

Si diffonde la notizia di una fonte anonima, magari a mercati chiusi (come è avvenuto ieri), e poi si smentisce immediatamente dopo.

Con questo i regolatori (Bce ecc. ecc.) hanno modo di valutare la reazione dei mercati. E, manco a dirlo, i prezzi delle obbligazioni sono scesi, l'euro si è rafforzato sul dollaro, e i futures sugli indici hanno ripiegato rapidamente. Poi la smentita. E tutto torna come prima, più o meno. Ma, in realtà, nulla sarà come prima, cioè come ieri. Per il semplice motivo che è assai verosimile che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi si assisterà ad un intensificarsi delle notizie relative alla possibilità di avviare il tapering che, se fatto gradualmente -diminuendo progressivamente il ritmo degli acquisti mensili- implicherà un' ulteriore espansione del bilancio della Bce. Quindi, da una parte il bastone (il tapering) e dall'altra la carota (bilancio della bce più ampio).

Detta in altri termini la banca centrale desidera che i mercati inizino a valutare gli effetti e la prospettiva della fine del quantitative easing.

E a quanto pare, il mercato obbligazionario sembra orientato a dare credito a questa eventualità, con i rendimenti dei titoli di stato in forte rialzo negli ultimi giorni.

A dar sostegno al rialzo dei rendimenti, negli ultimi giorni è intervenuta anche un'accresciuta possibilità di un prossimo rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve nella riunione di dicembre.

Autore: Paolo Cardenà Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online