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Io l’euro e la Rosina!

Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) fine settimana in occasione del sessantesimo anniversario della firma dei trattati di Roma, sul Sole 24 Ore si sono dati da fare per intervistare quelli che loro chiamano nove economisti, tirando dentro di tutti da blogger a private banker a portfolio advisor ed ex manager di fondi, spacciandoli per economisti…

Cosa non si fa per la causa, si fanno nove interviste delle quali ben sei a favore dell’euro e solo tre negative.

E verrà quel dì di lune, mi vò al mercà a comprà l’euro.

Lune l’euro e fine non avrà e fine non avrà… e la Rosina bella la va’ al mercà e la Rosina bella la va’ al mercà.

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Per gli eurofili senza se e senza ma è stato un fine settimana di gloria, noi invece siamo al lavoro per preparare un dossier, nei minimi particolari che condivideremo più avanti.

A parte gli scherzi in queste interviste che vi lascio leggere se ne sono lette di tutti i colori ma la più bella è quella che hanno fatto al capo economista della BCE Praet, ovvero come chiedere all’oste se il suo vino è buono…

Praet (Bce): «Il ritorno alla lira non risolverebbe i problemi dell’Italia»

“È un inganno – dice il membro del comitato esecutivo della Bce – Ci si è dimenticati di quando in Italia i tassi d’interesse erano in doppia cifra”. I costi di un ritorno alla lira, dice, sarebbero enormi e i poveri ne soffrirebbero più di tutti. L’Italia ha invece bisogno di riforme che creino ricchezza nel lungo periodo.

Non solo chiedi all’oste se il suo vino è il migliore, ma chiedi a chi ha partecipato ed amministrato questo fallimento, con supporto ideologico, la soluzione per uscirne.

Questo fine settimana, si celebra il 60esimo anniversario del Trattato di Roma. L’unione monetaria, con la creazione dell’euro, è uno degli elementi più tangibili dell’integrazione europea. Oggi è sotto crescente attacco da parte di forze anti-euro in diversi Paesi. È tornato il rischio di ridenominazione, di rottura dell’euro, come pensa qualcuno sui mercati?

L’unione monetaria è legata al progetto del mercato unico e questo a sua volta al progetto politico nato dopo la Seconda guerra mondiale con l’obiettivo di prevenire nuovi conflitti in Europa. Non si può separare l’uno dagli altri. Forse le generazioni più giovani lo hanno dimenticato. Ecco perché l’irreversibilità del progetto deve essere ribadita continuamente. Sono consapevole del fatto che alcuni analisti di mercato discutono di rischio di ridenominazione. Ma questo non è comparabile alla situazione del 2012. Non lo sopravvaluterei. Ma quel che mi preoccupa è la narrativa populista che le cose andavano meglio prima dell’euro. E’ un inganno! Siamo arrivati all’unione monetaria dopo esperienze disastrose con i cambi flessibili e alcuni tentativi senza successo di fluttuazione ordinata delle valute. Le svalutazioni, che i populisti sostengono siano un “free lunch”, un pasto gratuito, e consentano di riguadagnare competitività in modo miracoloso si sono dimostrate estremamente costose. Nel 1992, dopo una forte svalutazione della lira, il mercato unico era minacciato e sono cominciate a emergere barriere non tariffarie al commercio. La memoria tende a essere selettiva, ci si è dimenticati di quando in Italia i tassi d’interesse erano in doppia cifra. Le svalutazioni danno un po’ di respiro nel breve termine, ma questo è annullato dall’inflazione e da premi al rischio più alti.

Bene, come sempre la narrativa eurista è ricca di “fake news” non perdiamo troppo tempo ma una la facciamo demolire dal professor d’Antoni, docente di Scienza delle Finanze all’Università di Siena, visto che noi non siamo economisti ma non ci vuole molto ad arrivarci… Il discutibile vantaggio dei tassi d’interesse.

Si sente spesso richiamare, tra i vantaggi della moneta unica, l’effetto positivo che essa avrebbe avuto sulla sostenibilità del nostro debito pubblico. Con l’euro il nostro paese ha visto infatti una riduzione dei tassi di interesse dai livelli dei primi anni ’90 (quando si arrivò a toccare il 14%) a valori compresi tra il 3 e il 6% nel periodo 1999-2008, e ancora più bassi nel biennio a noi più vicino.

Si tratta tuttavia di un vantaggio discutibile, per diverse ragioni. Per cominciare, la riduzione dei tassi è stato un fenomeno generalizzato, che ha riguardato anche i paesi che non hanno adottato l’euro. Inoltre, sappiamo che la sostenibilità del debito dipende in realtà dal cosiddetto tasso di interesse corretto per la crescita, ovvero dalla differenza tra tasso di interesse e crescita nominale. Negli anni ’90 erano alti i tassi di interesse nominali, ma avevamo una maggiore crescita reale e nominale (leggi: inflazione). Il tasso di interesse corretto per la crescita, che si era ridotto nel periodo 1999-2007 rispetto al periodo precedente, nel periodo post-crisi è tornato vicino ai valori pre-euro.

Le ragioni? La trappola di bassissima crescita reale e inflazione praticamente azzerata dalla quale non riusciamo ad uscire. L’età dell’oro dei primi anni dell’euro sembra tramontata. E forse non è nemmeno auspicabile che ritorni, se è vero quanto molti economisti sostengono: che proprio i bassi tassi di interesse reale nella periferia europea, risultato dell’adozione di una stessa politica monetaria comune per economie così diverse, sarebbero stati una delle cause dell’accumulo di squilibri all’origine della crisi e della stagnazione nella produttività. Occorre infine ricordare che con la moneta unica abbiamo affidato il ruolo di garanzia di ultima istanza sul nostro debito ad un soggetto terzo quale è la Bce. Tale ruolo viene esercitato con condizionalità precise, e questo ha un prezzo salato da pagare in termini di autonomia nella conduzione della politica economica.

La riduzione dei tassi di interesse che l’euro ha portato solo a noi è questa…

In effetti anche Stati Uniti, Giappone e Inghilterra sono entrati nell’area euro beneficiando dell’integrazione…

Ci fermiamo qua, sarebbe troppo facile smontare pezzo per pezzo le fesserie euriste!

Io capisco la paura del ritorno ai tragici eventi delle due guerre mondiali, ma la Germania sta adottando la stessa tattica in questa querra commerciale e finanziaria, dire che serviva una crisi per avere più Europa ha prodotto milioni e milioni di morti, uomini e donne che hanno perso il lavoro, perchè la teoria economica dell’OCA richiede l’aggiustamenteo dei salari imponendo deflazione salariale come disse chiaramente il suo ideatore, Robert Mundell.

Poi certo, c’è guerra e guerra, ma come diceva un saggio, recessione è quando intorno a te tutti perdono il posto di lavoro, depressione è quando all’improvviso perdi il tuo!

Autore: Andrea Mazzalai Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online