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La ricetta Ocse per rilanciare il lavoro in Italia

Le cifre sulla disoccupazione italiana, aggiornate al dicembre 2012, hanno fatto lanciare un grido d’allarme all’Ocse: con l’11,2% il nostro Paese registra uno dei tassi più alti d’Europa, decisamente inferiore alla Grecia (26,8% nel mese di ottobre, l’ultimo disponibile) e al Portogallo (16,5%), ma superiore alla Francia (che con il 10,6% si assesta comunque su livelli record).

L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico non ha mancato di sottolineare come sul piano della produttività e della partecipazione al lavoro l’Italia abbia perso ulteriormente terreno in controtendenza nei confronti di paesi come Canada e Giappone che hanno fatto registrare una lieve diminuzione (nell’ordine di un -0,1%) dell’occupazione.

Stavolta l’Ocse non si è limitata a misurare la “temperatura”, ma, fatta la diagnosi, ha provato a ipotizzare un rimedio per “sfebbrare” la nostra economia, preda di un malanno cronico, senza apparenti prospettive di guarigione. Nonostante i “progressi significativi” compiuti con le riforme attuate la scorsa estate dal dicastero retto da Elsa Fornero e le liberalizzazioni messe in atto in alcuni settori, secondo il rapporto Going for Growth (Obiettivo crescita) molto resta da fare, soprattutto nel campo delle tutele.

Secondo l’Ocse la protezione dei posti di lavoro entra in conflitto con la tutela dei redditi. Perché? Semplice: un mercato iperprotetto, dove l’obiettivo è il mantenimento del posto, sfavorisce processi di riallocazione in settori diventati, nel frattempo, maggiormente produttivi. Inoltre, la difficoltà nel licenziare cristallizza il mercato ampliando la forbice fra lavoratori iperprotetti e precari, creando situazioni paradossali per cui i primi sopravvivono grazie a una rendita di posizione totalmente irrelata dalla loro produttività, mentre i secondi sono costretti a scontare un precariato cronico perché le aziende temono che la stipula di un contratto sia una sorta di punto di non ritorno.

Una volta riorientato il mondo del lavoro sulla tutela dei redditi piuttosto che su quella del “posto”, occorre, secondo l’Ocse, ridurre l’eccessiva burocrazia e i freni normativi alla concorrenza che scoraggiano gli investimenti e la crescita della produttività.  Inoltre, last but not least, l’Ocse indica due settori chiave per la costruzione di “una rete di protezione sociale universale” nella quale vengano appianate le diseguaglianze reddituali e migliorate le prospettive delle persone con basse qualifiche: l’apprendistato e l’istruzione. Se per l’apprendistato la Riforma Fornero ha rappresentato un punto di svolta ancora tutto da valutare, per quanto riguarda l’istruzione, il rinnovamento del settore sembra essere rimandato al “concorsone” voluto dal ministro dimissionario Francesco Profumo e all’adeguamento della classe docente ai tempi che cambiano.