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Non sarà il gas americano a scaldare l'Europa

Picture of a large LNG (Liquefied natural gas) tanker ship unloading its cargo at LNG terminal (Photo: Sky_Blue via Getty Images)
Picture of a large LNG (Liquefied natural gas) tanker ship unloading its cargo at LNG terminal (Photo: Sky_Blue via Getty Images)

Piazza di Amsterdam, pochi minuti dopo mezzogiorno. Il prezzo del gas segna 96,5 euro per Megawattora. Mai così basso come dal 6 dicembre, ma soprattutto quasi la metà rispetto ai 180 euro di appena sei giorni fa. Intanto quindici navi cisterna statunitensi, secondo quanto riferito da Bloomberg, stanno attraversando l’Atlantico per raggiungere le coste dell’Europa. Altre undici, con molta probabilità, stanno seguendo la stessa rotta. Trasportano un fluido che ha una densità pari a circa la metà di quella dell’acqua. È inodore e incolore, ma mai come in questi giorni il Vecchio Continente ha bisogno anche del Gnl, il gas naturale liquefatto. E mai come in questi giorni, con i prezzi europei che hanno superato quelli asiatici, alle navi americane conviene attraccare nei porti europei: significa fare profitti maggiori. Ma l’euforia finisce qui. Siamo alla logica pura del mercato, di fronte tra l’altro a movimenti marginali su uno scenario che non cambia e che lega l’Europa, e quindi anche l’Italia, alla grande questione dell’approvvigionamento dalla Russia.

Innanzitutto è necessario precisare che il prezzo del gas è sceso, ma il livello resta cinque volte superiore a quello precedente la crisi energetica. E tra l’altro a determinare il calo sono anche altri fattori, dalle temperature miti degli ultimi giorni alla ripresa della generazione eolica in Germania, solo per citarne alcuni. In ogni caso, gli analisti concordano nel riconoscere un ruolo anche alle metaniere statunitensi. Conta però più la notizia del soccorso, che il soccorso in sé.

Il senso di questa operazione è da rintracciare fuori dalle fluttuazioni dei mercati. “Nessuno di noi si può sognare che il gas spot, in forma di Gnl, possa sostituire il fatto che finché non faremo nuove infrastrutture, il nostro maggior rifornitore sarà sempre la Russia”, spiega Massimo Nicolazzi, docente di Economia delle risorse energetiche all’università di Torino. Insomma nessuna sostituzione tra il gas americano e quello che arriva, via tubo, dalla Russia. “Il contratto spot - aggiunge - contiene spesso una clausola di cambio di destinazione che consente al venditore di cambiare idea in mezzo al mare e girare la prua. La nave va dove conviene di più, magari tra una settimana il prezzo è più alto in Asia e torna lì come fa di solito. E questo accade perché il Gnl americano è in mano saldamente ai privati, che vanno dove li porta il portafoglio”.

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Funziona grosso modo così. Il Gnl viene estratto e poi liquefatto attraverso un processo di raffreddamento (-160°C). In questo modo si riduce sensibilmente il volume e il gas, allo stato liquido, può essere stoccato e poi trasportato sulle navi. Una volta giunto sulla terra ferma finisce nei rigassificatori. Nell’impianto di stoccaggio viene riportato alla forma gassosa ed è pronto per il consumo. Per capire perché non è sostituto del gas che arriva attraverso il tubo basta guardare i rigassificatori: qualche giorno fa, con il prezzo schizzato a 100 euro per Megawattora, l’utilizzo degli impianti è stato al massimo del 36 per cento. “È come dire che il dessert spiazza la cena”, dice Nicolazzi per rendere l’idea.

Altri numeri, quelli dei volumi, aiutano a capire perché non regge il paragone tra il Gnl americano e il tradizionale flusso di alimentazione europeo. Prendiamo una nave cisterna di medie-grandi dimensioni, capace di trasportare 200mila metri cubi di Gnl, più o meno equivalenti a 116 milioni di metri cubi di rigassificato. Il consumo annuale in Italia è di circa 70 miliardi di metri cubi. Se le quindici navi arrivassero tutte in Italia non servirebbero sostanzialmente a nulla, qualcosa se ne giungessero trenta. In sintesi: possono dare una disponibilità per le emergenze, insomma per i picchi, ma in maniera molto limitata. Anche le stime di Nomisma Energia sono utili per inquadrare la portata del fenomeno. Il consumo in Europa del gas è stato pari a 380 miliardi di metri cubi nel 2020: l’importo di Gnl dagli Stati Uniti è stato di 23 miliardi di metri cubi, mentre quello dalla Russia (tubo e Gnl) ha toccato quota 145 miliardi di metri cubi. E le stesse proporzioni sono stimate per quest’anno (25 miliardi di metri cubi dagli Usa, 150 miliardi di metri cubi da Mosca).

Il grosso dei volumi di gas che entrano in Europa è contenuto non nei contratti spot delle navi cisterna, ma in quelli long term. E chi fa questi contratti li fa per garantirsi una base di volumi, non necessariamente perché gli va meglio con il prezzo. Come ha fatto la Cina, che nell’ultimo mese ha fatto due acquisti di Gnl da operatori statunitensi con durata rispettivamente di 19 e 15 anni.

Sempre Nicolazzi: “Il prezzo del gas si forma sulle vendite spot del giorno, che in termini di volumi sono comunque una frazione delle vendite di lungo termine via tubo in Europa. I contratti di lungo termine tendono sempre più a indicizzare a prezzi spot. Negli ultimi mesi, grazie al Gnl, il prezzo del gas ha sempre più standard internazionali, meno regionali”. E così, per tornare alle navi, nella settimana del 14 dicembre, quando il prezzo europeo è schizzato sopra quello asiatico, le prue di alcune imbarcazioni hanno invertito la rotta e hanno puntato l’Europa. Per lo stesso principio, se il prezzo nel Vecchio Continente continua a calare, andando sotto quello asiatico, allora i carichi di Gnl gireranno verso Oriente.

Anche Alessandro Lanza, professore di Energy and environmental policy alla Luiss, ritiene che si tratti di “carichi spot”. “Il significato di questa operazione - spiega - è più politico che quantitativo visti i volumi ridotti. La vicenda va guardata con attenzione più dal punto di vista politico-economico che industriale”. Che risvolto politico-economico ha questa storia? “Per l’Europa è un segnale alla Russia, come a dire fai attenzione perché esiste anche il Gnl, non siete gli unici venditori di gas. Tra l’altro la Russia ha sempre minacciato l’Europa di avere altri compratori, cioè di poter vendere il gas verso Est, ma non è vero perché i compratori cinesi non si potrebbero permettere il costo del gas che proviene da Mosca, soprattutto la Cina non intende caricare l’operazione sullo Stato”.

Un segnale, non molto di più. Perché come spiega sempre Lanza, il vantaggio competitivo di Gazprom è enorme: “Gli Stati Uniti non possono avere gli economics per competere con Gazprom sulla vendita del gas in Europa. Per questo l’operazione americana è un fuoco di paglia di natura più politica che industriale, è una tigre di carta che non è destinata ad andare troppo avanti, non è in grado di cambiare il mercato a medio termine”. Una nave non fa primavera, insomma. Anche perché popolano un mercato molto piccolo e sono il punto di partenza di una catena che ha costi importanti.

L’operazione risponde all’esigenza di vendere degli americani. “Negli anni Duemila - aggiunge - gli americani si stavano organizzando per diventare importatori di gas, poi si sono accorti di aver sbagliato i conti e in vent’anni hanno convertito le strutture create sulla sponda dell’Oceano Atlantico per esportare. Sono pieni di gas e cercano di venderlo ovunque”. Non necessariamente con la volontà di creare un danno alla Russia. “Non fa piacere a nessuno, anche agli Stati Uniti, disegnare un sistema energetico per cui la Russia va a soffrire sul serio perché la Russia è una potenza nucleare vera. Gli Stati Uniti possono anche godere nel punzecchiarla, ma come tutti i Paesi vogliono mercati stabili”. Anche per questo i movimenti sulla piazza di Amsterdam non devono creare grandi illusioni: un conto sono le operazioni sui piccoli margini, un altro la competizione possibile tra il Gnl americano e il gas russo.

Quello dei costi di produzione più bassi come fattore di competizione che premia la Russia è un concetto centrale. Lo mette in evidenza Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia e tra le voci più autorevoli in Italia sul tema dell’energia: “I costi di produzione in Russia sono più bassi di almeno 1/3″. Più in generale, spiega, ”è assurdo pensare che si scelga di affidare il sistema energetico europeo a importazioni così lontane, con costi di trasporto elevatissimi, tenendo in considerazione anche il dispendio di energia e le perdite di metano”.

Non saranno le navi americane a scaldare l’Europa. Tra l’altro il Vecchio Continente ha bisogno del Gnl, ma c’è pur sempre il gas russo, anche se la questione si è più che complicata per la vicenda Nord Stream 2 e per il gasdotto Yamal (oggi, per il settimo giorno consecutivo, il gas che arriva in Europa dalla Russia viene reindirizzato verso la Polonia e l’Ucraina). “Quella delle navi americane - dice Carlo Andrea Bollino, professore di Economia politica all’università di Perugia e dell’Economia dell’energia alla Luiss - risponde a una logica di mercato, dipende dalla convenienza del prezzo. Questa è l’occasione nella quale un’offerta migliore, proveniente dal Nord America, riesce a penetrare nel mercato regionale europeo alla luce di una carenza di offerta”. Bollino gira la questione: “Perché fino a ieri non abbiamo visto il gas americano in Europa? Perché i mercati del gas sono regionalizzati, a differenza di quelli del petrolio non sono perfettamente collegati e bilanciati, hanno avuto dinamiche diverse, finché l’aumento dei prezzi in Europa non ha determinato” l’arrivo degli americani. Con il Gnl più conveniente rispetto a quello europeo. Ma chi ha comprato sa anche che la nave potrebbe girare la prua anche solo tra qualche giorno.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.