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…nonostante catal-exit

L’impulso rialzista che si è espresso sui mercati azionari USA a partire dal 21 agosto scorso ha accumulato un’inerzia che è difficile da ribaltare. Le settimane di incertezza riescono tutt’al più a frenare l’avanzata dei mercati, che quotidianamente ritoccano i loro record storici. E’ quanto successo la scorsa settimana, quando eventi anche piuttosto ansiogeni, come la secessione in corso in Catalogna e l’abbandono dell’accordo sulla denuclearizzazione dell’Iran da parte di Trump, non sono riusciti a far girare i mercati al ribasso, ma solo a rallentarne l’avanzata, generando una settimana che sull’indice SP500 ha prodotto un misero +0,15% e soprattutto una delle minori oscillazioni tra minimo e massimo settimanale che si siano mai viste quest’anno (16 punti, ovvero lo 0,6% del valore dell’indice).

Cose analoghe di sono viste anche in Europa, con il Dax (+0,28% settimanale e volatilità inferiore all’1%) ed Eurostoxx50 (-0,03% settimanale e volatilità di 0,5%).

Quanto sia sbilanciato l’equilibrio tra compratori e venditori lo testimonia il fatto che su SP500 l’indicatore di eccesso RSI(14) segnala ipercomprato, cioè la situazione di eccesso rialzista, già dal 2 di ottobre. Stessa faccenda anche sul più tradizionale Dow Jones.

Situazioni come questa sono anomale e spingono a verificare se l’apparente entusiasmo non riveli sotto la crosta qualche subbuglio in grado di provocare una correzione.

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Ebbene. Sembrerebbe che qualche virus stia forse attecchendo. Infatti notiamo che il Dow Jones sta cominciando solo ora (ma SP500 lo ha già fatto per tutta la scorsa settimana) ad evidenziare divergenze ribassiste, che spesso anticipano l’inversione direzionale.

Inoltre la baldanza che mostrano gli indici più tradizionali non è eguagliata dal Nasdaq (Francoforte: 813516 - notizie) 100, che ancora non è arrivato all’ipercomprato, né dal Russell 2000 della small cap, che aveva anticipato il balzo degli altri indici, entrando in ipercomprato prima di loro, già il 22 settembre scorso, ma ora sta inanellando una serie di sedute più deboli che lo hanno riportato ad un passo dal rientro in area di normalità. Il rientro dall’ipercomprato è un classico segnale ribassista che potrebbe accentuare la correzione.

Quelle indicate ora sono solo situazioni di divergenza e non segnali di inversione. Sarà molto importante verificare i segnali arriveranno questa settimana, con l’avverarsi di maggiori dubbi negli investitori, ora ancora fortemente votati alla compiacenza.

Occorrerà tenere d’occhio i molti focolai di crisi in grado di rappresentare la classica scintilla in grado di accendere la scintilla nel serbatoio dei mercati carichi di benzina ottimista.

Li elenco brevemente, partendo come sempre dagli USA, che sono il faro per tutti gli altri mercati.

L’abbandono dell’accordo con l’Iran, firmato da Obama insieme a UE e ONU è una mossa unilaterale in grado di isolare ancor più gli USA nel consesso mondiale e rappresenta l’ennesima provocazione al mondo da parte del magnate. ONU e UE (oltre alla Merkel) si sono subito indispettite per l’aumento dei rischi di crisi che provocherà nell’area medio-orientale, mentre le frange più oltranziste iraniane (i Pasdaran della rivoluzione) già stanno ricominciando a parlare di guerra agli USA.

Con questo sciagurato atto l’uomo più litigioso al mondo può vantarsi di aver attuato un’altra delle promesse elettorali. Peccato che finora le uniche promesse realizzate siano state quelle più stupide e rischiose. I membri un po’ più responsabili della sua amministrazione sono ormai sempre più a disagio con questo vecchio cavallo imbizzarrito. Il Segretario di Stato Tillerson, che a microfoni spenti lo chiama “Moron”, cioè imbecille, ieri ha preso le distanze dichiarando che l’interesse degli USA è per il mantenimento dell’accordo. Con questa frase ha fatto scattare il cronometro che tra pochi giorni porterà al suo licenziamento.

Intanto la riforma fiscale che i mercati attendono piovere dal cielo come la manna nel deserto, ha subito l’ovvio stop per mancanza di voti repubblicani, non disposti ad aumentare il deficit. La speranza dei mercati è dura a morire, ma credo che se uscirà qualcosa di concreto sarà molto lontano dalle promesse elettorali. Chissà quando…

La Corea è stranamente uscita dai radar geopolitici. Il motivo potrebbe essere il desiderio della Cina di svolgere senza disturbi il Congresso del Partito Comunista, che inizia questa settimana. Non credo che Kim sia rinsavito e probabilmente la prossima provocazione è solo rimandata.

In Europa la settimana entrante risolverà la questione catalana, poiché sta per scadere oggi l’ultimatum di Rajoy a Puigdemont affinché chiarisca se quella di martedì scorso è stata oppure no una dichiarazione di indipendenza. Se risponderà affermativamente decorreranno 3 ulteriori giorni per il possibile ripensamento, dopo di che il governo spagnolo attuerà l’art. 155 della Costituzione che prevede il passaggio dei principali poteri dell’autonomia al governo centrale e l’arresto dei responsabili della secessione. Puigdemont rischia fino a 25 anni di carcere.

Intanto nella piccola Austria le elezioni politiche di ieri le ha vinte la destra. La componente nazionalista e xenofoba ha superato il 25% dei voti e dovrebbe andare al governo. Si annunciano tempi duri per la ripartizione delle quote dei migranti e per il libero accesso al Brennero.

In Italia, dopo l’approvazione alla Camera della riforma elettorale, la classica toppa peggiore del buco, il provvedimento arriva al Senato per l’approvazione definitiva. I partiti stanno calcolando chi ci guadagnerà di più dal complicato meccanismo studiato apposta per consegnare ai capipartito la possibilità di scegliersi le truppe fedeli senza che la volontà popolare elegga personaggi difficili da controllare. E’ già abbastanza chiaro invece chi è penalizzato: i 5Stelle ed i secessionisti del PD.

In cambio non c’è alcuna garanzia che in primavera arrivi la tanto desiderata stabilità, dato che secondo i sondaggi continua a rimanere abbastanza improbabile che si riesca a fare un qualsiasi governo. Magari, come hanno dimostrato i precedenti di Belgio, Spagna ed Olanda, potrebbe essere addirittura un vantaggio.

Tutte queste patate bollenti questa settimana potranno fornire il pretesto per un calo dei mercati. Se non avverrà significa che l’euforia è ancora inossidabile e, come a volte succede, potremmo assistere ad un nuovo rally, anche se Natale è ancora lontano.

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online