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La promessa non credibile di Draghi sul QE

La promessa non credibile di Draghi sul QE

Secondo gli ultimi dati disponibili, il tasso d'inflazione annuale è pari al +2,1%. Quello dell'Eurozona al +1,1%, in netto rialzo rispetto al +0,6% registrato nel mese precedente. Ci sono paesi come l'Estonia nella quale i prezzi sono cresciuti del +2,4% e altri come la Bulgaria dove sono scesi del -0,5%. L'Italia, lo sappiamo dall'ISTAT, è anch'essa in leggera deflazione. Il problema dei differenziali inflazionistici tra vari paesi, lo sappiamo, è fondamentale per la decisione delle politiche monetarie da parte delle banche centrali e, nel caso dell'Eurozona, rappresenta "il" problema per antonomasia. Eppure, anche gli Stati Uniti, che sono una federazione di stati, devono tenere in considerazione le differenti dinamiche di prezzi tra vari stati.

Eppure, nonostante il tasso d'inflazione sia in crescito sia negli USA che nell'Eurozona, la FED sta attuando una stretta monetaria mentre la BCE (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) no. I Fed fund statunitensi sono stati appena rialzati dal FOMC della Fed tenutosi lo scorso 14 dicembre nella forchetta compresa tra 0,50 e 0,75 e le prospettive di ulteriori rialzi nel 2017 ci sono tutte. Almeno altri due, sentendo le varie voci dei membri del FOMC e, secondo Janet Yellen, ritorneranno al 3% nel 2019. I tassi dell'Eurozona sono decisamente inferiori: -0,40% quelli sui depositi, 0% quello sulle operazioni di rifinanziamento principale. Anche le attese di rialzo sono diverse. Il presidente della BCE Mario Draghi ha infatti annunciato che la "stance" di politica monetaria della BCE rimarrà invariata e accomodante ancora a lungo, almeno fin quando non si saranno ripristinate delle stabili condizioni di "normalità" nella crescita dei prezzi dell'Eurozona.

La posizione di Draghi, si sa, è esattamente contraria a quella della Bundesbank, che vorrebbe già ora un restringimento monetario, una riduzione del Quantitative Easing e un aumento dei tassi d'interesse. L'inflazione, in Germania, è vicina al 2%, ai massimi triennali e a Berlino si comincia a pensare che il riscaldamento dei prezzi stia diventando eccessivo. I tassi d'interesse negativi imposti da Francoforte stanno creando dei grossi problemi ai risparmiatori, ai fondi pensione e alle banche tedesche che non vedono un rendimento positivo nei loro investimenti. E su questo bisogna dare ragione ai tedeschi: avere dei tassi d'interesse a zero vuol dire che non si ha un ritorno sul denaro investito.

Dal momento che sempre più paesi stanno vedendo un rapido ritorno dell'inflazione, la politica dei tassi a zero non diviene più giustificabile e potrebbe creare problemi al risparmio europeo nel suo complesso. Per questo motivo, la lista dei falchi all'interno della BCE potrebbe presto allungarsi, mettendo Draghi in minoranza sulle prossime decisioni da prendere. Di (KSE: 003160.KS - notizie) fatto, il governatore italiano sembra stia dipingendo un quadro economico dell'Eurozona un po' peggiore di quanto in realtà sia, Italia a parte. E l'aumento del differenziale dei tassi USA-eurozona inciderà anche sul rapporto euro/dollaro con il greenback americano che dovrebbe rafforzarsi nei confronti della divisa europea.

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Vedremo nei prossimi mesi se Draghi deciderà di proseguire sulla sua linea accomodante oppure se, complici i nuovi dati sull'inflazione europea, sarà costretto ad allinearsi alle pressanti richieste di Berlino. Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) caso questi dovessero confermare la crescita dei prezzi, la promessa di mantenere la politica monetaria sulle attuali posizioni diventerebbe assai meno credibile.

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