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Renato Brunetta: "Green pass unico per tutti i lavoratori, pubblici e privati"

Renato Brunetta, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Forum Ambrosetti di Cernobbio (Photo: Nicola MarfisiNicola Marfisi/AGF)
Renato Brunetta, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Forum Ambrosetti di Cernobbio (Photo: Nicola MarfisiNicola Marfisi/AGF)

CERNOBBIO - L’auspicio di Renato Brunetta è un’estensione unica, non in due tempi, dell’obbligo del green pass per lavorare, senza distinzione tra pubblico e privato. E per gli statali il modello potrebbe essere quello della scuola, sanzioni comprese. Dal Forum Ambrosetti di Cernobbio è il ministro per la Pubblica amministrazione ad annunciare i prossimi passi del Governo. “Alla prossima cabina di regia prenderemo una decisione tutti insieme: il mio sogno è che il green pass venga esteso a tutto il mondo del lavoro, non distinguerei tra pubblico e privato”, dice in un’intervista a Huffpost. Intanto lunedì 6 settembre Cgil, Cisl e Uil vedranno Confindustria e Confapi per discutere del lasciapassare sui luoghi di lavoro, mentre il ministro Roberto Speranza ha annunciato che già nei “prossimi giorni” arriveranno “decisioni” per “una estensione del certificato ad altri ambiti della vita delle persone”. Appuntamenti delicati, ma Brunetta non è preoccupato dai no di Matteo Salvini: “In Consiglio dei ministri ho visto una totale e assoluta responsabilità da parte dei colleghi della Lega”.

Ministro, quando sarà introdotto l’obbligo del green pass per i dipendenti pubblici?

Credo già nelle prossime settimane. La decisione sarà collegiale, di tutto il Governo. Io sono per estendere l’obbligo a tutto il mondo del lavoro, senza distinzioni tra pubblico e privato, con un unico intervento normativo. L’importante è superare presto le contraddizioni: perché se devo andare al ristorante devo avere il green pass e il cameriere non è obbligato ad averlo?

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Sullo sfondo c’è l’obbligo vaccinale. Crede che sarà necessario arrivare a questa misura?

L’estensione del green pass è la logica più razionale e semplice, comprensibile da tutti. È una storia di successo, nessuno in Europa pensava che si potessero raggiungere livelli così alti di diffusione visto che è una sperimentazione partita meno di tre mesi fa. Ha ragione Tony Blair a dire che tutto il G-20 deve adottare questo approccio. In Italia siamo arrivati a 72 milioni di certificati verdi (compresi i green pass brevi post tampone ndr). La spinta dolce a vaccinarsi, consentendo anche una fase di riflessione per chi non si vuole vaccinare subito, sta funzionando. Siamo all’ultimo miglio e conto molto sulla moral suasion.

Cioè?

Abbiamo di fronte un Paese di gente responsabile, che riflette e poi decide. Se non ci sono violenza e malafede, le opinioni divergenti e i dubbi sono una ricchezza. Non comprimiamo la libertà di pensiero. Ovviamente non parlo dei no-vax violenti e beceri.

A proposito di opinioni divergenti. Salvini dice no all’obbligo vaccinale e ha annunciato che la Lega voterà contro in Parlamento. È un gesto forte, carico di significato politico per il Governo.

In Consiglio dei ministri ho visto una totale e assoluta responsabilità da parte dei colleghi della Lega. Dopodiché il Parlamento non è solo un luogo sovrano, ma anche quello delle sfumature e delle presenze di più anime all’interno delle forze politiche.

Un primo segnale della Lega è arrivato in commissione Affari sociali alla Camera con il no all’estensione del green pass. Non la preoccupa questo precedente?

Non credo, senza mancare di rispetto a nessuno, che questo voglia dire che la Lega è contraria. Ribadisco che in Consiglio dei ministri i colleghi della Lega hanno avuto un atteggiamento di totale responsabilità.

Prima di passare agli attriti tra il Governo e i sindacati, restiamo un attimo al contenuto dell’estensione del green pass. Il personale scolastico che non ha il certificato verde si vedrà sospeso il lavoro e lo stipendio dopo cinque giorni di assenza. Per gli altri dipendenti pubblici varranno le stesse sanzioni?

Ci stiamo ragionando, ma il sistema dovrebbe essere molto simile a quello della scuola.

Veniamo ai sindacati. Lei confida che alla fine staranno dalla parte del Governo?

Hanno detto che preferivano l’obbligo vaccinale per legge, da questo punto di vista come dargli torto? Da un certo punto di vista sono più avanti della politica. Un obbligo vaccinale, fatto per legge, come prevede la nostra Costituzione e tutto si risolve, anch’io la penso così. Poi è stato deciso di seguire la strada europea del green pass, più morbida, del convincimento gentile e alla luce dei risultati io dico: perché no? L’obbligo è stato bypassato, se servirà si potrà fare, ma per ora andiamo avanti sulla strada della responsabilizzazione gentile. Ai sindacati dico di andare avanti tutti insieme con il buon senso, estendendo il green pass.

L’estensione dell’obbligo del green pass per gli statali si lega al ritorno in ufficio. Come riporterete i dipendenti pubblici in ufficio?

Mi faccia dare prima qualche numero. I dipendenti pubblici sono in tutto circa 3,2 milioni: il mondo della sanità è già quasi totalmente sulla strada dell’obbligo, quello della scuola è in gran parte vaccinato o ha il green pass, il mondo della sicurezza pure. Manca l’ultimo segmento, quello che gestisce la vita burocratica e che è in gran parte in smart working. Il lavoro da casa è stato una grandissima esperienza sociale e devo dire onore al merito al governo Conte 2 che ha fatto questa scelta. Ma ora che stiamo mettendo in sicurezza gran parte del lavoro pubblico abbiamo bisogno che questo segmento torni in presenza per accompagnare la crescita, facendo ovviamente tesoro di quel che abbiamo imparato sul lavoro da remoto. In sicurezza e senza nessun atteggiamento punitivo, ma se non lo si fa la Pa diventa un freno a questa fase di sviluppo.

Veniamo al come.

Sarà un ritorno graduale, partendo dai front office della burocrazia che sono fondamentali per una pensione, una licenza, un sussidio. Il front office ha bisogno però del back office perché se lo sportello non si può avvalere del lavoro che c’è dietro non ha molto senso. Se al boom delle domande per il superbonus al 110% non corrisponde un’effettiva lavorazione delle pratiche, allora il tutto diventa un boomerang. Di fronte al boom economico ci teniamo le montagne di arretrati?

In che senso?

C’è anche un tema di efficienza. Prima del lockdown non era certamente soddisfacente: arretrati dappertutto, nella giustizia, nel welfare, nelle pratiche urbanistiche. Da sempre l’Italia è il Paese dei cumuli di arretrati. È verosimile che il lockdown non abbia migliorato questa situazione, ma che anzi l’abbia sensibilmente peggiorata. Un arretrato però è un’ingiustizia, un diritto non garantito: ora che il pericolo sta finendo vogliamo continuare con questi cumuli di ingiustizia? Poi, in una seconda fase, c’è tutto lo spazio per organizzare lo smart working che oggi non ha un contratto né una piattaforma tecnologica e di sicurezza, ma intanto torniamo in presenza.

Il dibattito sul futuro dello smart working ha tendenze differenti. C’è chi sostiene che si può tranquillamente continuare a lavorare da casa. Questa logica non può valere per la Pubblica amministrazione?

Le rispondo con un esempio. Le decine di migliaia di persone che assumeremo per il Recovery le mettiamo in smart working? Sarebbe un controsenso. Una volta assunti devono andare al centro degli uffici a cui saranno assegnati.

La normativa in vigore dice che lo smart working è la modalità ordinaria di lavoro, le singole amministrazioni pubbliche hanno piena autonomia. State pensando a un provvedimento per il ritorno in ufficio?

La cosa più semplice e su cui stiamo ragionando è ribadire che la modalità ordinaria di lavoro è quella in presenza. Poi condivideremo con tutti la strada migliore per partire nel più breve tempo possibile con il lavoro in ufficio, iniziando come dicevo dai front office. La gente ha voglia di tornare nei luoghi di lavoro.

Sarà il Governo a indicare come ritornare in ufficio?

Una volta chiarito che la modalità ordinaria di lavoro è quella in presenza, credo che basterà una serie di direttive ministeriali per organizzare il rientro. Valorizzando tutto quello che abbiamo vissuto: nei contratti si riprogetterà insieme la regolazione dello smart working, non soltanto per garantire la soddisfazione di cittadini e imprese, ma anche per tutelare i lavoratori, con particolare riferimento alle donne.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.