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Soros si fida solo dell'oro e punta contro l’S&P

La mattinata a Piazza Affari ha visto un andamento debole, come spesso accade ultimamente, sullo sfondo di un'Europa positiva. Intorno alle 12,30 mentre il Ftse Mib segnava un passivo dello 0,27% il resto del Vecchio Continente viaggiava in territorio positivo: Londra a +0,63%, il Dax di Francoforte a +0,34% e Parigi a +0,4%.

La view di Soros

Intanto George Soros, il multimiliardario ungherese reso famoso dalla sua scommessa contro lira e sterlina, vinta nel 1992, ha deciso di riprovarci. Ma questa volta il suo nemico è il principale listino statunitense, l’S&P 500: la sua idea è quella di puntare su un suo crollo raddoppiando la sua scommessa e, già che si trova, dare fiducia all’oro e alle società estrattive ad esso legate. Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) frattempo l’investitore ha dato il via alla sua ritirata sul fronte statunitense abbassando la sua esposizione del 37% preferendo guardare con fiducia all’oro e, con terrore, alla situazione economica internazionale. Tradotto in numeri si parla di 264 i milioni di dollari investiti nella Barrick Gold Corp.

Il motivo è semplice: la Cina. Già da tempo infatti Soros guarda con sospetto a quanto sta accadendo in Cina: troppi i debiti contratti dall’economia del Dragone, un andamento che, nella testa dell’ungherese, assomiglia pericolosamente a quanto accaduto negli Usa all’alba della crisi del 2008. Anche perchè se gli Usa (allora ma non forse oggi) erano la prima economia mondiale, la Cina, adesso, secondo più di un parametro, potrebbe rappresentare a più livelli la locomotiva mondiale. Una locomotiva che sbuffa e che ha il fiato sempre più corto.

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Cosa c’è all’orizzonte?

Il pericolo di un crollo del gigante cinese non è poi eventualità solo teorica visto che i dati macro che si susseguono non alimentano certo alcun tipo di ottimismo. E nel migliore dei casi non permettono di sperare in una ripresa. Lontani anni luce ormai i fasti del trentennio d’oro di Pechino, quel trentennio che a più di un osservatore fece coniare la fine del 20esimo secolo come il “secolo cinese”. Un’analogia che ad altri ha richiamato alla mente quanto avvenuto in un passato più lontano, ocn un’altra grande potenza asiatica, il Giappone, poi arenatasi in una stasi economica altrettanto lunga e dalla quale non riesce ad uscire nemmeno con l’adozione di misure straordinarie, su tutti i fronti, di politica economica.

Tornando alle previsioni di Soros, secondo lui il crollo ormai inevitabile di Pechino porterebbe all’esplosione di una bomba deflazionistica a livello mondiale, bomba che porterebbe al rialzo i rendimenti degli Usa.

Una cosa è certa: il rialzo dell’oro c’è

Dato per morto per quasi 4 anni dall’inizio dell’anno il metallo giallo ha segnato +18%, tornando ad essere protagonista sui mercati grazie a un mix di fattori a suo favore. Solitamente l’oro trae vantaggio dall’inflazione, adesso assente, ma a sopperire a questa mancanza sono arrivati, inattesi, i tassi negativi, stimolo estremo, quanto per il momento inefficace, ad un’economia che resta languente. Proprio questi ultimi hanno creato allarme presso i risparmiatori sempre più disorientati su come investire senza dover, paradossalmente, perdere soldi invece che guadagnarne. E la prima risposta è stata: oro.

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