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Il tonfo del petrolio comincia a preoccupare

Il giorno dopo la dimostrazione di vitalità che gli indici USA hanno fornito lunedì, andando a realizzare nuovi massimi storici, ieri anche l’indice tedesco Dax ha compiuto l’analoga impresa fin dal primo mattino. Ma la forza dei mercati azionari europei non è durata più di un paio d’ore. Prima di mezzogiorno, infatti, la stasi sui massimi assoluti da parte dell’indice tedesco si è trasformata in correzione ed ha trascinato in rosso anche gli altri indici europei. Il calo è poi proseguito per il resto della giornata, in concomitanza con l’ennesima scivolata del prezzo del petrolio, gravato da continue comunicazioni di scorte in aumento, che dimostrano l’inutilità dell’accordo in vigore tra il cartello OPEC ed i principali produttori indipendenti per bloccare la produzione e stabilizzare il prezzo del greggio.

Al continuo crescere di pozzi di estrazione americani, si è aggiunta anche la notizia dell’aumento della produzione libica. La produzione, invece di calare, sta aumentando e, dato che la domanda non è particolarmente vivace, perché la crescita mondiale non sta ancora rispettando le previsioni di accelerazione fatte prematuramente dalle principali istituzioni, e le nuove tecnologie consentono risparmi di energia negli stabilimenti, ecco che il prezzo del WTI Crude Oil ieri ha fatto un altro tonfo da un dollaro e mezzo in poche ore, raggiungendo addirittura una quotazione inferiore ai 43 dollari. Col calo di ieri il petrolio ha già perso dai massimi di inizio anno circa il 22% ed ha sfondato anche il minimo di maggio di 43,76.

I titoli del settore energetico vedono allontanarsi sempre più l’uscita dal tunnel in cui sono entrati da tre anni, quando la decisione sciagurata dell’Arabia Saudita di aumentare la produzione per punire ed estromettere dal mercato la concorrenza americana dei produttori di shale-oil, che davano fastidio, causò l’implosione dei prezzi del barile dai valori di oltre 107 dollari di fine giugno 2014 ai minimi di 26 dollari del febbraio 2016. E, ironia della sorte, senza riuscire distruggere il settore estrattivo americano. Anzi, l’evoluzione tecnologica, che ha consentito l’introduzione di nuove tecniche di frantumazione delle rocce in grado di abbassare i costi, e lo spirito da cercatore d’oro che anima sempre nuovi imprenditori USA ad entrare nel settore, hanno consentito alla produzione americana di rialzare la testa appena il prezzo del petrolio si è riportato dalle parti dei 45-50 dollari.

Ora il mercato ha scoperto che, proprio quando l’Arabia Saudita sta cominciando a soffrire le conseguenze finanziarie della guerra dei prezzi che essa stessa ha iniziato, tanto da fare una precipitosa marcia indietro con l’accordo OPEC, l’aumento della produzione americana ha più che compensato i tagli dell’OPEC, mandando in fumo le convinzioni e le previsioni degli esperti, che speravano in una stabilizzazione dei prezzi almeno intorno ai 60 dollari. A questo punto si aprono possibilità di ulteriori avvitamenti verso la soglia psicologica dei 40 dollari, sotto la quale tornerebbe d’attualità il baratro fino a 26 dollari.

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La debolezza del settore energetico ha trascinato al ribasso tutti i listini, che così non sono riusciti a confermare il segnale di forza del giorno precedente. Anzi, essendo tutti tornati precipitosamente sotto le resistenze violate il giorno prima, consegnano alla seduta odierna il difficile compito di rimediare subito alla frittata, recuperando in fretta i precedenti livelli (2.450 per SP500, 12.920 per il tedesco Dax e 3.598 per Eurostoxx50). Se non vi riusciranno la punizione potrebbe essere esemplare, poiché la negazione di un segnale rialzista equivarrebbe ad un segnale ribassista, da cui potrebbe subito partire un trend correttivo che solo lunedì pareva l’ultimo dei pensieri per i mercati.

Per questi motivi la giornata odierna è molto importante. Ho segnalato ieri che nel recente passato le uscite da una congestione hanno avuto seguiti rialzisti via via sempre meno estesi, chiedendomi se questa volta si sarebbe riusciti a fare meglio.

La risposta del mercato ieri è stata decisamente negativa. Questa volta si rischia di fare molto peggio, addirittura negando in partenza il segnale rialzista.

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online