Verso la seconda ondata, Pregliasco avverte: "Serve un nuovo galateo"
“Quello sta succedendo oggi in Italia è una tendenza verso la seconda ondata. Ma oggi possiamo contare sulla possibilità di eseguire test a tappeto, perché questa la scommessa, anche se è chiaro che è difficile dal punto di vista organizzativo". Lo ha detto Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università degli studi di Milano e direttore dell'Irccs Galeazzi, intervenuto durante la trasmissione Agorà su Rai Tre.
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"La peculiarità - ha aggiunto Pregliasco - di questa malattia è difficile da far passare perché si tende a sminuirla in modo eccessivo. È una malattia a basso rischio specifico ma per la sua capacità diffusiva", "diventa rilevante". L'extra mortalità causata dal Covid "è oggettiva ed è stata pari al 30-40% in più rispetto alla mortalità attesa in quel periodo. E' impossibile riconoscere su ogni singolo soggetto quanto il Covid sia stato determinante o meno" ma non bisogna dimenticare che in quel periodo "abbiamo avuto anche altri morti per malattie che non siamo riusciti a curare".
"Non essendoci un manuale esatto" l'elemento importante è "l'adozione sistematica di un nuovo galateo, che dobbiamo usare tutti. Il guaio è che una quota di persone diventano insofferenti, soffrono psicologicamente, hanno paura di questa malattia o preferiscono demonizzarla o non considerarla, anche perché preoccupati da aspetti economici. L'auspicio è che la maggior parte degli italiani riesca ad avere la forza per portare avanti questa maratona, che ci potrà permettere di convivere con il virus".
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"In 104 su 107 province ci sono focolai", ha ricordato citando i dati del monitoraggio settimanale. "I dati sono preoccupanti rispetto a una situazione che lasciata a sé può evidenziare un incremento molto più elevato nel breve periodo". Tuttavia, "i 5.000 casi giornalieri attuali sono diversi di quelli di fine marzo perché riuscivamo a individuare solo i casi gravi. Ma, come visto dalle indagini sierologiche, i valori reali dei contagiati 10 volte tanto, perché non si consideravano gli asintomatici", che pur se "trasmettono meno, sono determinanti nella prosecuzione della catena di contagio".