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Aumento dell'Iva al 22%: cosa dobbiamo aspettarci

Aumento dell'Iva al 22%: cosa dobbiamo aspettarci

Inevitabile. E' il messaggio che da giorni il governo Letta sta passando sull'aumento dell'Iva al 22%, previsto il prossimo primo luglio. Lo ha ribadito il ministro dello Sviluppo Economico Zanonato "Non è che non voglio bloccare l'aumento dell'Iva. Dico che è molto difficile trovare le coperture, visto il poco tempo a disposizione"; lo ribadisce il ministro dell'Economia Saccomanni, mentre inizia lo scaricabarile delle responsabilità di tale accisa, dal Pdl al Pd passando per Monti.

L'aumento di un punto è inevitabile, dunque, l'unica soluzione al momento è che potrebbe essere posticipato, rinviandolo ad ottobre 2013 o fino a gennaio 2014. Ma l'aumento ci sarà, perchè bisogna coprire il gettito annuale di 4 miliardi che dovrebbe essere assicurato dall’aumento dell’imposta sui consumi. Impresa sempre più difficile, visti i conti pubblici sotto pressione da anni e, nonostante sia stata chiusa la procedura per deficit eccessivo, il Paese non ha risorse nè capacità di spesa se non tassando e tagliando la spesa pubblica.

Un'alternativa la propone Stefano Fassina: in un'intervista a L'Unità, il viceministro all'Economia afferma la necessità di bloccare l'aumento dell'imposta, proponendo l'accelerazione sul pagamento della pubblica amministrazione dei debiti alle imprese. "Pagando realmente e subito fatture per 15 miliardi - spiega Fassina -  raccoglieremmo tassa, tramite la stessa Iva, per almeno un paio di miliardi. Una cifra che ci permetterebbe di sospendere l'aumento dell'Iva fino a fine anno e di eliminarlo definitivamente con la Legge di stabilità in autunno".

In soli due anni, l'Iva è passata dal 20 al 22%. L'emendamento è stato approvato dal governo Berlusconi il 17 settembre 2011, per rimediare al pareggio di bilancio nel 2013, come da impegni presi con l' Unione Europea. Per questo motivo, al testo della legge venne inserita nell'agenda di governo l'aumento dell'Iva, attraverso una "rimodulazione delle aliquote delle imposte indirette, inclusa l'accisa" in sostituzione della revisione. A mettere tutto in pratica, Mario Monti, che nel decreto salva-Italia stabilì l'aumento di due punti delle aliquote del 10 e del 21 per cento, dal primo ottobre 2012, e di altro mezzo punto dal 2014, per un importo del valore di 16,4 miliardi a regime dal 2014.

Finora, attraverso i tagli sulla spesa pubblica e altre manovre, nessuno di questi aumenti è scattato, tranne la questione dell'aumento dell'Iva che vale 4,2 miliardi l'anno. Una questione che è diventata ormai imminente e che preoccupa il mondo politico e imprenditoriale: Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, parla di "un impatto disastroso", con l'aumento di gettito che sarà molto inferiore al previsto. Perchè"la base imponibile - continua Sangalli - si ridurrà a causa della naturale contrazione dei consumi dovuti all'aumento del prezzo finale. I minori consumi interni avranno effetti negativi sulla produzione e quindi sul Pil".

Intanto, la Cgia di Mestre ha fornito le prime simulazioni dell'impatto che l'aumento dell'imposta - assieme alle altre tasse già presenti - avrebbe su tre tipologie di famiglie (single, lavoratore dipendente con moglie e un figlio a carico, lavoratore dipendente con moglie e 2 figli a carico). La simulazione - basata su sette fasce retributive e sui dati Istat sui consumi - porterà ad una propensione al risparmio nulla per la prima fascia di reddito, pari al 2,05% per il reddito annuo da 20 mila euro, del 4,1% per quella da 25 mila euro e dell'8,2% per le rimanenti fasce di reddito. In pratica, a fronte del rialzo dei prezzi di beni e servizi, a calare le spese saranno le fasce di reddito medio-alte. Non solo: nel caso dei lavoratori dipendenti senza famiglia, l'incidenza percentuale del rincaro dell'Iva sullo stipendio netto annuo sarà peggiore per le fasce meno abbienti, mentre per le famiglie, a parità di reddito, più aumenta il numero dei componenti, più si fa sentire il peso dell' aumento dell'Iva.