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Grande Fratello in autogrill: quando il dipendente è tele-controllato

La notizia, riportata dall’autorevole quotidiano francese Le Monde e ripresa da L’Espresso, è ancora tutta da confermare ma in maniera piuttosto sinistra sembra evocare distopie letterarie e cinematografiche di orwelliana memoria. Sulle cinture elettroniche che il gruppo francese Elior (titolare del marchio My Chef) avrebbe imposto ai propri dipendenti in un autogrill in provincia di Bologna, durante il turno notturno dalle ore 22 alle ore 6,  incombe l’ombra del Grande Fratello.

No, non il programma televisivo, ma il romanzo di George Orwell che profetizzava sistemi di controllo individuale, ipotizzandone la diffusione già nel 1984. Se la visionarietà dello scrittore britannico era sicuramente in anticipo sui tempi, alcune delle sue straordinarie intuizioni sono diventate realtà, sebbene con mezzi e modalità diversi da quelli previsti. Le tracce che lasciamo sul web, di fatto, aiutano motori di ricerca e social network a delineare un profilo di quella che è la nostra vita, quantomeno in ambito digitale.

Qualche giorno dopo le elezioni ha tenuto banco una dichiarazione – sapientemente deformata in fase di post produzione – rilasciata dal neo-deputato del Movimento 5 Stelle Paolo Bernini, sui microchip sottocutanei con i quali il Governo statunitense si preparerebbe a controllare la popolazione. Una bufala prontamente smentita dallo stesso deputato e dall’instancabile Paolo Attivissimo.

Stavolta, però, la notizia arriva dalle pagine di Le Monde, uno dei più autorevoli quotidiani al mondo. Il giornale francese, bruciando sul tempo i quotidiani del nostro Paese, denuncia l’obbligo di utilizzo, per i dipendenti dell’area di servizio di Pioppa Ovest, di cinture elettroniche in grado di inviare a un posto di controllo esterno, tramite sistema Gps, un segnale in caso di immobilità superiore ai 90 secondi. 

Secondo il gruppo francese si tratterebbe di un dispositivo anti-rapina, per giunta utilizzato previa autorizzazione dei sindacati. Per i lavoratori si tratterebbe, invece, di una raffinatissima forma di controllo da remoto. In entrambi i casi, lo strumento rappresenta un incredibile caso di violazione della privacy dei lavoratori.

Una qualsiasi pausa caffè, una breve sosta per fumare una sigaretta nella parte esterna dell’autogrill oppure il puro e semplice gesto di andare in bagno diventano azioni monitorate, magari addirittura da giustificare.

Secondo la logica di questa robotizzazione dei dipendenti, i lavoratori, paradossalmente, sarebbero costretti a muoversi anche quando le incombenze non lo rendessero necessario.

E dire che quando si discusse del braccialetto elettronico per i detenuti, uno dei punti principali del dibattito fu proprio la sua compatibilità con la disciplina sulla privacy. Ora, secondo Le Monde, nell’autogrill emiliano i lavoratori sarebbero controllati in un modo simile a quanto avviene per i capi di bestiame negli allevamenti.

Il problema è nel trattamento dei dati. Che cosa ne fa My Chef, una volta che è stata garantita l’incolumità e la sicurezza dei suoi lavoratori? Li distrugge alla fine dei turni notturni o li conserva per contestare a un singolo lavoratore di essere troppo statico e di non muoversi quanto dovrebbe?  Se la vicenda raccontata da Le Monde fosse confermata, il Garante della privacy sarebbe chiamato a intervenire per scongiurare che il controllo da remoto dell’autogrill bolognese non crei un pericoloso precedente. Non sono certo queste le informazioni che devono viaggiare veloci per consentire al nostro Paese di smarcarsi dalla recessione e non sono questi i passi che occorre misurare e conteggiare. I passi in avanti di cui abbiamo bisogno sono quelli che deve fare una civiltà che pensa di cavarsela con metriche quantitative, perché è diventata incapace di valutare la qualità.