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Le rotte della contraffazione in Italia

Se il mercato della moda e dell’abbigliamento sembra soffrire sempre di più la stagnazione economica, nonostante l’annuncio periodico dell’avvenuta fine della crisi e le conseguenti smentite dei freddi dati delle statistiche, quello che non soffre affatto è il mercato nero della contraffazione in Italia. Stando alle ultime inchieste, il giro di affari è ingente e si ramifica tra l’Europa e l’Asia, con nuove rotte sempre più difficili da controllare.

Le merci contraffatte restano principalmente capi di abbigliamento e pelletteria di lusso, con copie carbone perfette di scarpe Hogan, Nike e Adidas, borse Louis Vuitton e Gucci e abiti dei più celebri marchi del Made in Italy d’alto livello. L’hub principale della contraffazione resta tristemente Napoli, con l’organizzazione affidata ai clan camorristici che si occupano di smistare le committenze in laboratori clandestini disseminati in tutta la provincia napoletana, tra le pendici del Vesuvio e l’hinterland. La camorra lo chiama “il quadrilatero d’oro”, sbeffeggiando Milano e le sue vetrine: gli investigatori della Guardia di Finanza lo hanno individuato nei comuni di San Sebastiano, Terzigno, San Giuseppe e Somma Vesuviana, dove si collocano le principali aziende invisibili al fisco e si produce in nero la merce contraffatta. Altrettanto importante resta la provincia di Caserta, dove i boss della camorra si affidano a piazzisti e imprenditori locali per gestire la produzione e i traffici, come rileva un'inchiesta de L'Espresso.

Dalla Campania parte lo smistamento verso il resto d’Italia, che d'estate si concentra verso le spiagge delle riviere del Belpaese. In una delle ultime inchieste è stato evidenziato come la rotta Napoli-Palermo sia una delle più privilegiate per lo smistamento che coinvolge immigrati senegalesi e padroni cinesi. Ma se l’Italia ha un ruolo produttivo e logistico ingente, non va dimenticato l’estero.

È infatti l’Asia il punto di partenza di molto del lavoro contraffatto, specialmente per il mondo del tessile. Sono principalmente cinesi coloro che gestiscono gli appalti della criminalità organizzata, ma le materie prime per la contraffazione arrivano dalla Turchia (denim e gomma per scarpe da ginnastica), dalla Cina, dal Bangladesh (specializzato in cotone e t-shirt), ovvero da dove le aziende italiane tendono a delocalizzare per risparmiare sui costi di produzione. Spesso è lo stesso surplus produttivo ad essere ripreso e immesso sul mercato illegale pur di non perderlo del tutto; nelle indagini delle Fiamme Gialle è emerso anche che molti dei roghi della Terra dei Fuochi siano stati generati per distruggere eccessi di produzione sgraditi e far sparire merce contraffatta troppo pericolosa.

E sempre in Cina vengono stabilite le rotte delle navi cargo che raggiungeranno i porti italiani ed europei. Le direzioni sono due: dal Sudamerica verso Paesi Bassi e Spagna (anche grazie all’appoggio del porto franco di Ceuta, possedimento spagnolo in Marocco), oppure dalla Turchia verso la Grecia, la Polonia e la Bulgaria, con approdo finale sempre in Italia. A stabilire le nuove rotte sono stati i controlli inaspriti nei porti italiani: se prima gli eletti erano Napoli, Gioia Tauro in Calabria e Genova, adesso si lavora su Rotterdam, il Pireo e i vari appoggi dei porti spagnoli, tra Atlantico e Mediterraneo.