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ANALISI - Etihad, con nuovo AD cambio strategia dopo delusione Alitalia

Aerei Etihad e Alitalia all'aeroporto di Fiumicino. REUTERS/Tony Gentile (Reuters)

di Alexander Cornwell e Agnieszka Flak e Tim Hepher DUBAI/MILANO/PARIGI (Reuters) - L'arrivo di un nuovo AD offre a Etihad l'opportunità di cambiare la strategia espansionistica seguita finora dopo che Alitalia, di cui detiene il 49%, è entrata in amministrazione controllata evitando per ora una bancarotta da oltre 3 miliardi di dollari. Ray Gammell ha preso ad interim il posto di James Hogan, il capitano di lungo corso che ha portato la compagnia emiratina ad allearsi nel tempo con altri vettori tramite partecipazioni di minoranza. Questa strategia ora è messa in discussione per via dei rischi tipici del settore: la regolamentazione a livello nazionale tutela la concorrenza e rende pertanto difficile acquisire il controllo di vettori rivali. Dal 2011 Etihad ha speso miliardi di dollari in quote azionarie dall'Europa all'Australia nel tentativo di agganciare i competitor Emirates e Qatar Airways. Alitalia, ottava compagnia con cui Etihad si è alleata, doveva essere la puntata più importante. Ma i 560 milioni di euro complessivamente investiti sono sostanzialmente andati in fumo nel momento in cui i lavoratori di Alitalia hanno bocciato il piano di ristrutturazione. Ora sul mercato ci si chiede cosa sarà dell'investimento che Etihad ha fatto in Air Berlin vettore che versa in gravi difficoltà. L'approccio di Hogan "non ha avuto successo ma alcuni dei suoi principi sono ancora validi", dice Will Horton, senior analyst di Capa. Etihad ha fallito con Alitalia in parte per problemi specifici, come la pressione di vettori più competitivi o dell'Alta velocità. Eppure c'è di più. Le compagnie aeree sono azzoppate dai controlli nazionali nonostante la tendenza a puntare sempre più su collegamento globali. Le leggi comunitarie vietano agli stranieri controllare compagnie Ue e lo stesso accade in altri mercati. GLI OSTACOLI POLITICI E IL RUOLO DEI LAVORATORI Molti vettori, come Qatar Airways, hanno provato a risolvere il problema entrando in una delle tre grandi alleanze. La Emirates invece preferisce operare da sola. Etihad ha seguito la terza via delle quote di minoranza. L'idea è partecipare alla gestione e spingere per ridurre i costi operativi. Ma la strategia si è rivelata molto più complessa del previsto: senza il pieno controllo è difficile implementare politiche impopolari e Alitalia non è mai stata una società semplice da gestire. "Non vi è dubbio che l'idea di gestire Alitalia da Abu Dhabi sia stato un gravissimo errore", ha detto la scorsa settimana Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico. Sebbene Hogan respinga il confronto, Etihad viene associata a Swissair, che negli anni '90 ha seguito un'aggressiva campagna di acquisizioni. Il vettore elvetico ha accumulato enormi perdite e nel 2005 è stato fagocitato dalla tedesca Lufthansa. Etihad sembra aver sottovalutato il contesto politico italiano e le relazioni conflittuali con i lavoratori. Dirigenti e sindacalisti italiani concordano nel dire che l'ostilità dei lavoratori ha giocato un ruolo importante nel far naufragare i piani di Etihad. Molti altri pensano che gli emiratini abbiano sottovalutato la crescita di Ryanair e EasyJet. Ora il timore è che il copione si ripeta in Germania, dove Etihad partecipa al capitale di Air Berlin, che ha accumulato 782 milioni di perdite nel 2016. -- Hanno collaborato Stanley Carvalho da Abu Dhabi, Stefano Bernabei e Isla Binnie da Roma, Victoria Bryan da Berlino, Mark Bendeich da Milano Sul sito www.reuters.com altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia