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L'austerità non è l'unico peso per l'Europa

L'austerità non è l'unico peso per l'Europa

Cresce il dibattito in Europa sulla quesionte se i governi dovrebbero "allentare la cinghia" per incoraggiare la crescita economica dei propri Paesi. Ma, alcuni analisti sostengono che questo dibattito sta spostando l'attenzione da qualcosa di molto più importante che sta provocando gravi turbolenze nell'economia del Paese: il settore finanziario "spezzato" in Europa.

A scriverlo è il Wall Street Journal, che riporta la riflessione di António Borges, un ex direttore europeo del Fondo Monetario Internazionale, attualmente docente di Economia a Lisbona: secondo Borges, litigare sull'austerità distoglie l'attenzione da un altro punto.
"L'intero dibattito sull' austerità è fuori luogo; cosa sta rallentando la crescita in Europa è la mancanza di credito," ha affermato Borges durante una conferenza  questa settimana a Bruxelles. In gran parte dell'Europa, infatti, i governi non hanno alcuna possibilità di "spese extra" perchè nel mercato manca l'appeal a causa del forte debito pubblico.

Il credito, secondo Borges, per finanziare nuovi investimenti scarseggia in parte a causa dell'incertezza sulla ripresa economica, ma c'è una ragione più profonda: molte delle banche del continente non sono più in condizione di fare prestiti.
Le banche dominano la finanza in Europa, soprattutto nelle aree del sud, quelle più a rischio: sono le banche e gli istituti di credito a detenere l'attività finanziaria, in particolare dell'l'85% in Italia, dell' 87% in Spagna e del 96% in Grecia, rispetto al 30% negli Stati Uniti Così, quando queste non fanno prestiti, le economie europee non possono crescere.
Un prestito che è stato ostacolato, secondo gli analisti, in gran parte dagli errori politici dei governi europei.

Borges ricorda che nel 2008 le banche europee sono state in gran parte influenzate dalla crisi innescata negli Stati Uniti; "quando questo si è rivelato falso - afferma - non sono riusciti a svolgere credibili 'stress test' per valutare le necessità effettive delle banche di nuovo capitale". "La verità era che pensavano di potersela cavare, quando i loro bilanci erano  già sotto pressione".
I governi hanno fatto sì che le banche venissero ricapitalizzate, in modo da ricostruire i loro coefficienti di capitale, ma ciò non è avvenuto mediante l'emissione di nuove azioni, bensì versando il patrimonio. Una manovra inefficace, che i governi dell'Eurozona stanno pensando di rimettere in pratica per rimettere i conti a posto prima di passare sotto la supervisione della Bce dell'anno prossimo. Così, "banche-zombie" rischiano di frenare la crescita dei Paesi.

A peggiorare le cose, continua Borges, ci hanno pensato i regolatori bancari nazionali che "nella loro ansia di assicurarsi che le loro banche non stessero facendo scommesse rischiose all'estero, hanno ben pensato di rimanere a casa". Misure che hanno impedito a banche, come in Italia, di crescere, "imbottigliando" i fondi in Germania e in altre economie "sicure", motivo per cui per "l'abbondante fornitura" della Bce per i fondi alle banche non sta beneficiando aziende private nel Sud Europa. Una cattiva notizia per un continente così legato agli istituti di credito.

C'è poi un altro problema: il giro di vite sui mercati finanziari. "Anche se le banche degli Stati Uniti sono in difficoltà, le società statunitensi possono raccogliere fondi dai mercati. Gli europei dovrebbero in teoria essere in grado di fare lo stesso". Invece le autorità europee hanno "preso misure per frenare short-selling e credit default swap, hanno regolato derivati e scambi"  in nome di una maggiore trasparenza e contentimento degli abusi. Misure e sforzi che "hanno ostacolato lo sviluppo del mercato del capitale", citando la tassa sulle transazioni finanziarie come un'altra "cattiva idea". "Penso che ci sia un pregiudizio contro la finanza moderna in Europa," ha concluso l'economista. Parlando però di spiragli di luce, Borges ha portato in esempio il caso italiano, dove le aziende stanno iniziando a "raccogliere fondi per il lancio di piccole emissioni obbligazionarie".